In carcere da innocente ora chiede dieci milioni

Ha passato 10 anni in cella per un delitto mai commesso Poi, grazie alla confessione di due pentiti, torna in libertà

Quanto valgono dieci anni in carcere, da innocente? Nel giugno 2004, la vita di Salvatore Razzano cambia per sempre: il blitz nel cuore della notte, le sirene, le manette e l'accusa di aver partecipato a un duplice agguato di camorra. Razzano fa il garagista, all'epoca. È un artigiano di valvole e motori, abituato a sporcarsi le mani e la faccia di grasso. Ma niente in confronto al fango che un'inchiesta sballata gli getta addosso: ha impiegato due lustri a pulirlo, e solo grazie a un miracolo. Era stato condannato all'ergastolo, con sentenza passata in giudicato, per un delitto mai commesso. Del quale non sapeva nulla. Ci sono voluti due ex banditi del clan Lo Russo, la cosca che comanda nel centro storico e nella periferia nord della città, per farlo assolvere e restituirgli fiducia nella giustizia. L'uomo finisce nell'ingorgo infernale a causa di un'errata identificazione di due poliziotti della Squadra mobile che giurano di averlo visto sul luogo del massacro - la Tangenziale di Napoli laddove un commando di killer ha appena ammazzato a colpi di pistola un boss fin dentro l'ambulanza che lo sta trasferendo in ospedale, e il «gorilla» che lo controlla a breve distanza a bordo di un'auto. Le vittime si chiamano Salvatore Manzo e Giuseppe D'Amico. Appartengono al gruppo degli Stabile, una «famigliola» malavitosa che vuole imporsi nel grande business del racket alle concessionarie d'auto. Razzano è riconosciuto colpevole in primo grado e in Appello senza mai un ragionevole dubbio, una incertezza da parte dei pm o dei giudici. La sentenza supera indenne finanche la Cassazione dando così l'ultima mandata alla serratura eterna del «fine pena mai». Storia chiusa, o quasi. Per dieci anni, se ne sta a disperarsi in galera.Poi due nuovi collaboratori di giustizia decidono di raccontare davvero come sono andate le cose, quel giorno. E fanno i nomi di mandanti ed esecutori dell'eccidio. La Corte d'appello accoglie la richiesta di revisione del processo. Non c'è bisogno di approfondire oltremodo. Il garagista del rione Sanità viene assolto e scarcerato, mentre i veri assassini finiscono alla sbarra. Oggi, Razzano chiede 10 milioni di euro di risarcimento per ingiusta detenzione. Un milione per ogni anno rubato alla sua esistenza. Gli avvocati hanno pure depositato in Procura una denuncia per calunnia nei confronti degli agenti che ingiustamente lo hanno messo sott'accusa, denuncia che ironia della sorte è stata assegnata allo stesso pm che ha coordinato le indagini iniziali. Un processo maledetto, quello dell'ambulanza: un altro imputato è stato assolto in Appello, dopo una prima condanna all'ergastolo, per un errore investigativo molto simile.

Cose che capitano all'ombra del Vesuvio dove, per un'altra storia, il pentito Giuseppe Petrone ha ammesso di essersi inventato la partecipazione a un omicidio per accreditarsi agli occhi del magistrato e conquistare così benefit e stipendio da collaboratore di giustizia. Quando è stato scoperto, ha ammesso candidamente: «È vero, ho detto solo bugie. Ma prometto di non farlo più».

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