È l'inchiesta delle soffiate e dei depistaggi, dove il filone principale, quello della corruzione nella Consip, sembra essere passato in secondo piano a favore delle indagini finalizzate ad inchiodare chi, secondo la Procura di Roma, avrebbe informato i vertici della centrale acquisti della Pubblica amministrazione che erano nel mirino della magistratura. Ma chi più di ogni altro l'ha patita questa inchiesta, Tiziano Renzi, per mesi sulla graticola e massacrato mediaticamente per un altro capitolo, quello sul traffico di influenze illecite, sta per uscire di scena.
Tra le sette persone per le quali i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio, infatti, ci sono l'ex ministro dello Sport Luca Lotti, l'ex comandante dei carabinieri Tullio Del Sette e il generale dell'Arma Emanuele Saltalamacchia, ma non c'è il papà dell'ex premier: il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi hanno sollecitato la sua archiviazione. Non ci sarebbero elementi per sostenere il reato di traffico di influenze, che gli veniva contestato, anche se i magistrati lo ritengono inattendibile. Mentre rischia il processo il suo accusatore, l'ex capitano del Noe Gianpaolo Scafarto, che avrebbe alterato l'informativa sulla quale si basavano buona parte delle accuse nei suoi confronti, anche dando conto di un'inesistente intromissione dei servizi segreti nell'indagine, per provare il coinvolgimento della famiglia Renzi. Lotti, invece, all'epoca sottosegretario di Matteo Renzi, nei due interrogatori ai quali è stato sottoposto non è riuscito a convincere i pm che non è stato lui ad avvertire i vertici Consip dell'indagine in corso, come riferito invece dallo stesso ex ad dell'azienda, Luigi Marroni, che dopo la «soffiata» fece bonificare gli uffici dalle microspie, di fatto vanificando gli sforzi della Procura, all'epoca quella campana, dove il pm John Woodcock aveva aperto un'indagine per corruzione che riguardava l'imprenditore napoletano Alfredo Romeo. Fascicolo poi passato a Roma.
Nonostante la notizia della sua richiesta di rinvio a giudizio per il reato di favoreggiamento, l'ex ministro vede il bicchiere mezzo pieno, perché la Procura ha chiesto l'archiviazione per l'iniziale ipotesi di rivelazione di segreto d'ufficio. «Confido che il successivo corso del procedimento - scrive Lotti su Facebook - consentirà di accertare l'infondatezza anche della residuale ipotesi di reato. Il tempo è galantuomo». Processo in vista anche per Filippo Vannoni, presidente di Pubbliacqua Firenze, indagato per favoreggiamento per aver parlato a Marroni dell'inchiesta, e per l'imprenditore di Scandicci Carlo Russo, che risponde di millantato credito per aver detto a Romeo di avere conoscenze politiche, abusando del cognome di Renzi e facendosi promettere da lui 100mila euro annui come prezzo della sua mediazione. Sono quattro i rappresentanti dell'Arma finiti nei guai per Consip.
Oltre a Scafarto, oggi assessore alla sicurezza di Castellammare di Stabia, finiranno davanti al gip anche l'ex colonnello del Noe Alessandro Sessa, accusato di depistaggio, il generale Del Sette, tirato in ballo dall'ex presidente Consip, Luigi Ferrara, e il generale Saltalamacchia, anche lui messo all'angolo da Marroni per aver rivelato informazioni riservate sull'indagine.
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