Caso Diciotti, il voto grillino tiene Salvini sulla graticola

Di Maio: "Sull'immunità non abbiamo deciso". Il ministro: mi arrestino pure, non voglio aiutini

Caso Diciotti, il voto grillino tiene Salvini sulla graticola

«Non abbiamo ancora deciso ma nella nostra storia non abbiamo mai votato a favore delle immunità parlamentari». Impossibile non avvertire nelle parole del vicepremier pentastellato, Luigi Di Maio, un pizzico, giusto una briciola, di compiacimento. Lo stesso che prova il gatto quando gioca col topo messo all'angolo. Soprattutto se il topo è bello grosso, di solito incute timore facendo la voce grossa e si chiama Matteo Salvini.

Il caso della nave Diciotti e la richiesta di autorizzazione a procedere contro il ministro dell'Interno presentata dai magistrati di Catania al Senato è il nodo intorno al quale ruoterà il confronto politico interno alla maggioranza nelle prossime settimane. E le parole del ministro dello Sviluppo economico indicano con chiarezza qual è l'intento di M5s: tenere Salvini sulla corda per ridimensionarlo. Dunque di fronte alla precisa richiesta di chiarire quale sarà il voto di M5s, Di Maio temporeggia, non assume una posizione definita. Il vicepremier ammette sì che questa situazione «è un po' diversa» ma precisa che i Cinquestelle sono sempre stati contrari all'immunità e che nulla è «già deciso». Di Maio precisa pure che per quanto lo riguarda il suo «riferimento sono i senatori della giunta. Il voto arriverà tra qualche settimana. Leggeremo le carte e prenderemo una decisione». Più netta l'ala ortodossa dei 5s. «Se mai arrivasse a me una richiesta da parte della magistratura di autorizzare a procedere nei miei confronti, io pregherei la mia Camera di appartenenza di dare alla magistratura l'autorizzazione», dice il presidente della Camera Roberto Fico, ospite ieri sera di Fazio.

Insomma più da M5s e Lega si affannano a dichiarare che il voto sull'immunità non è una merce di scambio più invece appare appunto questo e comunque un modo per tentare di arginare il decisionismo di Salvini. «Per carità, noi non ragioniamo così. Chi ha messo in mezzo questa cosa evidentemente ragiona con la logica dello scambio», dice Di Maio. Gli fa eco Salvini. «Non siamo al mercato. Questo è da vecchi governi, con vecchie regole, mi dai questo e in cambio ti do quest'altro. Non ho bisogno di aiutini, faccio il ministro, blocco gli sbarchi, sveglio l'Europa, continuerò a farlo». Dunque Salvini ostenta tranquillità e snocciola i suoi successi: «Avevo promesso agli italiani di azzerare gli sbarchi, di fermare i barconi e di arrestare gli scafisti, l'ho fatto e continuerò a farlo: in Senato ognuno sarà libero di votare come ritiene».

E di fronte all'ipotesi di un sì per l'autorizzazione a procedere il ministro dell'Interno lancia il guanto di sfida: «Se vogliono arrestarmi che mi arrestino. Venite a trovarmi e portatemi un po' di porchetta». Poi però mette le mani avanti e spende la carta della difesa della patria. «In Senato questo dirò: ho difeso il mio Paese - dice Salvini - I senatori non dovranno entrare nella questione specifica del sequestro di persona, ma interrogarsi su questo: Salvini ha bloccato la Diciotti per una sua fantasia personale o per senso della patria?».

Ma tra i senatori c'è anche Gregorio De Falco, ex capo sezione della Capitaneria di porto di Livorno, epurato da M5s, intervistato ieri da Lucia Annunziata. Per De Falco «la Marina Militare è stata umiliata nel caso Diciotti».

Difficile coniugare questa affermazione con quello che Salvini fa passare per patriottismo. Il senatore De Falco però non ha ancora deciso come comportarsi: «Non intendo votare sì. Sto valutando: ho in mente alcuni dei criteri di valutazione, devo intanto sentire le opinioni altrui».

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