Magistratura

La Cassazione conferma la condanna di Cospito: 23 anni per l'anarchico che resta al carcere duro

Definitivi anche i 17 anni inflitti alla sua compagna, Anna Beniamino. Fu solo l'incapacità degli attentatori nel 2006 a evitare un massacro che gli sarebbe costato la pena dell'ergastolo

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Nel giro di tre giorni vanno a incastrarsi le ultime caselle sul caso di Alfredo Cospito, il detenuto anarchico divenuto famoso per il suo lungo sciopero della fame contro il 41 bis, il carcere duro. Prima la Cassazione che gli conferma il trattamento di massima sicurezza, poi la Procura di Torino che fa arrestare gli estremisti che in suo nome devastarono la città; a seguire, la nuova notte di incendi scatenata, sempre in nome del «compagno Alfredo» nella notte romana. E ieri sera, dopo una lunga camera di Consiglio, la Cassazione che conferma senza sconti la pena che gli era stata inflitta in appello nel giugno 2021: ventitré anni di carcere per strage. La bomba piazzata da Cospito all'entrata della scuola allievi carabinieri di Cuneo nel 2006 aveva per obiettivo un massacro di ragazzi colpevoli solo di voler indossare la divisa. Solo l'incapacità degli attentatori fece sì che lo scoppio avesse conseguenze modeste: ed è proprio l'esiguità del risultato a evitare ora a Cospito la condanna all'ergastolo, chiesta per lui dalla Procura generale di Torino.

Per ottenere il carcere a vita, la Procura era ricorsa in Cassazione; ad impugnare la sentenza anche il difensore del 56enne estremista, Flavio Rossi Albertini, che puntava a ottenere le attenuanti generiche e un sensibile sconto di pena. La sesta sezione della Cassazione respinge entrambi i ricorsi, e rende definitiva la condanna a ventitré anni per Cospito e a diciassette anni per la sua compagna Anna Beniamino. Dal punto di vista giudiziario, il caso è chiuso, Cospito uscirà dal carcere chissà quando. Il calcolo della pena totale si annuncia complicato perché l'anarchico sta già scontando la condanna a dieci anni per la gambizzazione di un dirigente Ansaldo (l'unico delitto di cui si dichiara colpevole) e i suoi difensori chiederanno che le due imprese vengano considerate collegate, riducendo la somma totale. Più facile è dire in che condizioni, almeno per ora, Cospito sconterà la sua pena: al 41 bis, il reparto del carcere di Sassari dove era detenuto quando iniziò il suo digiuno di protesta e dove è stato riportato a giugno dell'anno scorso, dopo avere interrotto lo sciopero della fame, che lo aveva portato a perdere oltre cinquanta chili e a venire ricoverato nel reparto ospedaliero del supercarcere di Opera.

Che la giusta collocazione di Cospito sia il reparto 41 bis lo ha confermato in via definitiva la Cassazione la settimana scorsa: per la Suprema Corte l'anarchico è ancora pericoloso, per le predicazioni che da una cella «normale» potrebbe fare trapelare all'esterno, come fece ripetutamente nei primi anni della sua detenzione, con articoli inviati ad un giornale dell'area antagonista (per i quali lo attende un nuovo processo) e con i proclami letti in aula durante i processi: «Giudici, mi sarebbe piaciuto essere lì per sputavi in faccia. Sul vostro codice penale piscio con spensieratezza e allegria», disse al tribunale che lo stava processando.

La «spensieratezza» si è probabilmente persa per strada, sotto il peso della lunga detenzione e degli effetti del digiuno di protesta. Ma il potenziale di proselitismo dei messaggi di Cospito è intatto, sia secondo i giudici di sorveglianza di Roma che secondo il parere del ministro della Giustizia Carlo Nordio, che pochi mesi fa ha confermato l'applicazione del 41 bis: e le scene di violenza di ieri nei cortei a suo favore ne appaiono la prova concreta.

Ultimo cascame giudiziario della vicenda, resta il processo a carico del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, accusato di avere reso noto che l'anarchico riceveva in carcere la visita di esponenti del Partito democratico, cui riferiva le richieste per l'abolizione del 41 bis concordate con alcuni boss di Cosa Nostra detenuti con lui.

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