"Ci dica da che parte sta". Aut aut del Pd a Renzi prima del voto sul Colle

I dem temono l'imboscata di Iv sul Quirinale. E Matteo medita lo strappo alla Leopolda

"Ci dica da che parte sta". Aut aut del Pd a Renzi prima del voto sul Colle

Matteo Renzi e i giallorossi sono giunti al ballo d'addio: dentro o fuori. L'ultimatum al leader di Italia Viva viene recapitato dal capogruppo dem in Senato Simona Malpezzi, un tempo fedelissima del rottamatore, passata ora sulla sponda del neosegretario Enrico Letta: «Di Maio parla per Di Maio e per M5S. Io penso che ci sia una differenza tra Salvini e Renzi ma Italia Viva deve decidere da che parte stare. Ci sono posizioni di Iv poco chiare e ritengo sia dovere di Iv dire da che parte sta». Tempo scaduto. Il nodo va sciolto prima dell'elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Il Pd teme di rimetterci l'osso del collo sull'elezione del futuro inquilino del Quirinale. E spinge Renzi allo scoperto: «Basta giochetti». Il ragionamento che filtra dal Nazareno è il seguente: «La posizione di Renzi e di Iv va chiarita prima dell'elezione del capo dello Stato. Non si può arrivare al passaggio parlamentare con il rischio di una nuova imboscata».

Letta vuole definire subito il perimetro della coalizione che si presenterà alle elezioni politiche. Una coalizione che dovrà testare la compattezza nella partita Quirinale. Ecco, dunque, che la pressione su Iv sale. Ma sale soprattutto sulla pattuglia parlamentare che potrebbe sfaldarsi in vista delle ricandidature. Renzi non teme la spinta dem. Anzi, passa al contrattacco e getta le basi per l'addio: «Continuano le polemiche sul Ddl Zan fatto fallire dalla incapacità conclamata del Pd e dei Cinque Stelle, che hanno scelto un voto segreto suicida, come piano piano tutti stanno riconoscendo. Soprattutto chi, pur non avendo esperienza politica, è persona intelligente che sa leggere la realtà con acume e visione», si difende nella sua e-News.

«Pensate - si sfoga il senatore Iv - che sotto le sedi di Italia Viva si sono fatte manifestazioni e i nostri militanti hanno preso insulti, come a Firenze. Non una parola di solidarietà da parte di chi ha creato questo clima vergognoso. In nome della legge anti odio, ci hanno insultato in tutti i modi».

Uno sfogo con cui l'ex premier si prepara a salutare i compagni di viaggio. Il colpo di scena potrebbe arrivare già alla Leopolda, organizzata in tutta fretta dal 19 al 21 novembre, con un format nuovo: «una lunga trasmissione radiofonica non-stop, da venerdì sera a domenica all'ora di pranzo. Da stazione dei treni a stazione radio: questa la trasformazione della Leopolda. E sarà un lungo viaggio, in cui ascolteremo l'Italia che è viva. Non solo Italia Viva», annuncia Renzi. Il giorno della resa dei conti (e dell'addio) è ormai dietro l'angolo: Pd e Renzi sono pronti a salutarsi per la seconda volta. Stavolta non sarà solo una scissione. Ma una rottura destinata a cambiare gli equilibri politici in Italia. Sarà una marcia di veleni e accuse fino a febbraio quando si deciderà il nome del prossimo inquilino del Colle. Renzi gioca le sue carte. E continua a trattare su due tavoli. Il sogno è Pier Ferdinando Casini.

L'incastro è complicato. La Lega, con Giancarlo Giorgetti, rilancia le quotazioni di Draghi. Dal Pd trapela nervosismo: «Il segretario del Pd ha più volte chiesto di non parlare di Quirinale fino alla fine dell'anno. Prima di tutto per non trasporre i toni feroci dello scontro politico su una questione istituzionalmente serissima come la scelta del capo dello Stato.

Una scelta, che deve essere ispirata a criteri di terzietà ed autorevolezza, non al risiko delle convenienze partigiane, dei partiti o dentro i partiti», precisano fonti del Nazareno. Parole che confermano l'ansia di fallire.

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