Clare, 105 anni e uno scoop: la seconda guerra mondiale

Fu la prima giornalista a dare la notizia dell'invasione della Polonia da parte tedesca. Oggi vive a Hong Kong

Clare, 105 anni e uno scoop: la seconda guerra mondiale

È l'alba del primo settembre 1939. I colpi di cannone svegliano di soprassalto Clare Hollingworth, corrispondente del Daily Telegraph a Katowice, nel Sud- Est della Polonia. Solo otto giorni prima la Germania nazista e l'Unione Sovietica hanno stretto un'intesa, il famoso patto Ribbentrop-Molotov, per spartirsi la Polonia ed evitare uno scontro tra Mosca e Berlino. Ma sarà proprio quell'accordo che darà il via a uno dei più sanguinosi conflitti della storia: la Seconda Guerra Mondiale.

«Qualcuno entrò nella mia stanza e disse: I tedeschi stanno arrivando ha raccontato Clare in un'intervista nel 2009 E avevano perfettamente ragione». La reporter inglese, assunta da solo una settimana dal quotidiano britannico, era già da alcuni mesi in Polonia per aiutare i rifugiati a ottenere un visto britannico e mettersi in salvo dall'avanzata delle truppe tedesche e sovietiche. Clare avrebbe aiutato in soli cinque mesi circa 3mila persone, fra donne, uomini e bambini, a raggiungere la Gran Bretagna. Ma la coraggiosa giornalista non si ferma qui. Riesce anche a convincere il console generale britannico di Katowice a prestarle l'automobile con l'autista, con il quale andrà sulla frontiera con la Germania per raccontare l'ammassamento di truppe tedesche, pronte a invadere il Paese. La Polonia è in una morsa. La giovane giornalista, frastornata dal rombare degli aerei, telefona subito all'ambasciata inglese a Varsavia e chiede del suo amico Robin Harkey, il secondo segretario.

«Robin gli dice la guerra è cominciata». «Sei sicura, ragazza mia?», le risponde il diplomatico. Lei mette il telefono fuori dalla finestra della stanza e gli fa sentire lo sfregolio metallico dei cingoli dei carri armati. Clare è il primo corrispondente di guerra a dare la notizia dello scoppio del conflitto, mentre per il Daily Telegraph è uno dei più grandi scoop della sua storia. Sulla prima pagina del quotidiano, pubblicato pochi giorni dopo l'inizio del conflitto, compare il titolo del suo articolo: «1.000 carri armati ammassati sul confine polacco. Dieci divisioni pronte a un attacco rapido».

Se il secondo conflitto mondiale le ha regalato la fama, i conflitti successivi la consacrano come reporter di guerra, soprattutto perché di giornaliste donne sui fronti caldi se ne vedono poche. Nel 1946 è in Palestina, ancora colonia inglese. Sono gli anni caldi in cui gli ebrei vogliono costruire il proprio Stato e molti di loro lo fanno scegliendo la via del terrorismo, come l'Irgun. Il 22 luglio un commando dell'organizzazione fa saltare un bomba al pianterreno dell'hotel King David a Gerusalemme, dove nell'ala Sud ha sede il quartier generale dell'amministrazione britannica della Palestina. È una strage: 91 morti e 46 feriti. Tra i sopravvissuti c'è anche Clare, ospite da alcuni giorni dell'albergo.

Negli anni successivi, ritroviamo la Hollingworth a raccontare il conflitto israelo-palestinese, la guerra civile in Algeria, la rivoluzione cinese e la crisi di Aden, fino alla guerra del Vietnam. Una vita fra le trincee e i morti, tra i rifugiati e gli ospedali zeppi di vittime e feriti. Ma come giornalista può anche vantarsi di essere stata la prima e, decenni dopo, l'ultima a intervistare lo scià di Persia. Perché, come racconta il decano della Bbc John Simpson, «lei era l'unica persona con cui Reza Pahlavi voleva parlare».

Clare Hollingworth ha compiuto 105 anni il 10 ottobre e dal 1980 vive a Hong Kong. In occasione del suo compleanno ha ricevuto uno speciale messaggio di auguri da una delle ragazze che aveva salvato dall'invasione nazista.

Margo Stanyer aveva solo quattro anni quando Clare è riuscita a farla scappare dalla Polonia e le ha dato l'opportunità di rifarsi una vita in Gran Bretagna. «Buon compleanno, cara Clare le ha scritto Margo Vivi di nuovo altri cent'anni. Io ti penserò sino alla fine dei miei giorni. Ti ringrazio infinitamente per quello che hai dato a me e a tante altre persone. Grazie».

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