Colpi di pistola contro l'abitazione del giornalista Gervasutti

Tre dei cinque proiettili si sono conficcati nella stanza dove dormivano i figli del caporedattore

Colpi di pistola contro l'abitazione del giornalista Gervasutti

Cinque anni fa Ario Gervasutti scrisse un libro. Si intitolava «Le verità sfiorate. Misteri veneti, omicidi senza colpevoli» (Mursia). Ieri notte, Gervasutti, 55 anni - di cui la maggior parte trascorsi nella carta stampata (Il Gazzettino di Venezia, Il Giornale di Montanelli, Il Giornale di Vicenza) - un «mistero» e il rischio (per fortuna scampato) di un «omicidio» se lo è ritrovato in casa. Erano quasi le due di notte quando cinque colpi di pistola hanno svegliato di soprassalto la famiglia Gervasutti, che a quell'ora stava dormendo nella villetta di Padova. Tre dei cinque proiettili si sono conficcati nella stanza da letto dove riposavano i due figli del giornalista. «Ci hanno sparato in casa», ha urlato uno dei ragazzi. Gervasutti e la moglie si sono precipitati per le scale della villetta scoprendo che un proiettile si era conficcato nell'armadio, un altro nel muro e il terzo sul soffitto. Altri due fori erano invece sulla parete esterna dell'edificio. Il tempo di accertarsi che nessuno fosse ferito, ed è subito scattata la telefonata ai carabinieri. In Pochi minuti la zona è stata isolata ma dell'attentatore nessuna traccia. Zero testimoni. Una sola certezza: si è trattato di un atto intimidatorio. Da parte di chi e per quale motivo, restano però due domande senza risposta. In mano agli inquirenti solo congetture e ipotesi. Gervasutti è un nome che nell'ambiente della stampa del Nordest ha grande autorevolezza: una dinastia di giornalisti liberi, coraggiosi e impegnati nella ricerca della verità. «Continuerò a fare il mio lavoro con spirito sereno. Così come ho fatto finora», assicura Ario Gervasutti. Senza paura o timori reverenziali. Come nell'ultimo periodo dei suoi sette anni alla direzione del Giornale di Vicenza, quando affrontò la scabrosa vicenda del crac finanziario della Banca Popolare di Vicenza presieduta da Giovanni Zonin: una brutta storia che Gervasutti trattò non facendo sconti a nessuno, ma facendosi molti nemici. Dopo una traumatica rottura con il giornale vicentino, Gervasutti è tornato al Gazzettino , la testata dove aveva esordito giovanissimo prima di essere notato e assunto da Montanelli al Giornale di Milano. «Gli spari dell'altra notte non so davvero spiegarmeli - racconta il giornalista -. Non ho mai subito minacce. Non escludo però che durante la mia attività possa aver involontariamente dato fastidio a qualcuno. Del resto sono gli incerti del nostro mestiere...». Trasversale la solidarietà espressa al giornalista e alla sua famiglia. Particolarmente significative le parole del vicepremier, Matteo Salvini: «Se qualche cretino pensa di intimidire la stampa libera, deve sapere che ha nel ministro dell'Interno il suo nemico numero uno. Esprimo vicinanza al giornalista che ho chiamerò personalmente».

L'auspicio «affinché i responsabili dell'attentato vengano individuati al più presto», sono venuti anche dal presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, da Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, dalla deputata del Pd, Debora Serracchiani, dal governatore del Veneto, Luca Zaia, e da Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio Regionale veneto: «Ario Gervasutti non è uomo che si lasci intimidire e la sua vita professionale, l'impegno di giornalista, lo testimoniano».

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