«Licenziare i dipendenti pubblici che falsificano le presenze». Su questa affermazione del ministro Madia è subito partita la discussione. Nel mondo normale, manco se ne parla di uno che perde il posto perché non va a lavorare e fa timbrare da un altro: tutti e due fuori e fortunati che non vengano denunciati alla Procura. Ma va bene. Però, se discussione dev'essere, che siano invitati pure i 578 lavoratori Michelin di Fossano, che perderanno il posto pur non essendo assenteisti. Magari hanno qualcosa da dire ai colleghi della Pa. Loro, che vivono e lavorano nel mondo normale, perdono il posto se il sistema non ha più bisogno che vadano ogni giorno a produrre, perché il mercato, la domanda, non acquista il frutto del loro lavoro. Piaccia o non piaccia, a grandi linee così funziona il nostro sistema economico. Che funziona. L'altro sistema ha fallito, ricordiamolo, proprio perché aveva eliminato dal lavoro la competizione basata sul risultato.
Dicono: la legge per licenziare c'è, ma non viene applicata. Nel privato, se un capo del personale non licenzia un assenteista, l'amministratore delegato licenzia lui. La domanda al ministro è: perché ne parla ai convegni, invece di agire? È il ministro, mica un opinionista qualsiasi. E non si agisce solo con un'ennesima legge, che sarebbe compito del Parlamento, ma dando pressione ai dirigenti, convocandoli, facendo ispezioni. Insomma, un giro di vite. Questo fa l'esecutivo, fa funzionare la macchina che ha, oggi un po' meglio di ieri, domani ancora meglio di oggi. Nelle aziende private non ti fanno nemmeno respirare, quando le cose vanno meno che benissimo.
Ma non tutti nella Pa sono fannulloni. Ci mancherebbe altro. L'impegno sul lavoro non è una caratteristica genetica, ma un comportamento che il sistema permette e agevola. Anche il più volenteroso stacanovista inserito in un ufficio dove se acceleri ti guardano male, a cominciare dai capi, dopo un po' si adegua: è volenteroso, non stupido.
Allora che fare? Il sistema della Pa non è orientato a produrre un risultato positivo, ma ad applicare norme, procedure e circolari interne. Se poi il «dopo» è peggiore del «prima» non fa niente, perché l'azione è avulsa dal contesto. Dunque il vero snodo è questo: nella Pa mancano gli obiettivi specifici, puntuali e temporizzati, per singolo ufficio e dipendente, verso cui valutare i risultati. Tant'è che poi danno i premi a tutti. E allora si pretende di affidarsi al singolo, sull'idea di fondo (catto-comunista, dunque per me sbagliata), che l'uomo sia per natura buono e tenda al bene. Per corollario, più sta in basso e più sarebbe buono, onesto e laborioso.
La storia insegna che l'uomo, come tutte le creature del pianeta, è egoista e mira al proprio tornaconto. Solo un sistema civico efficace rende conveniente il bene e sconveniente il male – tipo Inferno e Paradiso, però in questa vita. Quando il sistema è inefficace, produce i fannulloni e anche peggio.* Luiss Guido Carli
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