Commissario all'Ilva, gli indiani fuori

Invitalia chiede l'amministrazione straordinaria. Adesso il governo potrà cercare un nuovo partner

Commissario all'Ilva, gli indiani fuori
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Amministrazione straordinaria bis per l’Ilva di Taranto. Dopo cinque mesi di estenuante trattativa tra le parti la saga del polo siderurgico italiano si conclude con la fine dell’era Arcelor Mittal (e dell’ad Lucia Morselli) e con un nuovo complicatissimo commissariamento che, nelle intenzioni del governo Meloni, sarà a tempo. Come anticipato dal Giornale lo scorso settembre, quindi, il passaggio del gruppo a una gestione controllata era ed è inevitabile.

Troppa la distanza tra i soci di Acciaierie d’Italia (la società nata nel 2021 e che ha ereditato il perimetro ex Ilva): l’azionista Invitalia per la parte pubblica con una quota del 38% e i franco indiani di Arcelor Mittal per la parte privata con il 62 per cento. Così ieri sera, preso atto che dopo mesi di trattative «il socio privato si è mostrato indisponibile a garantire la continuità aziendale o a sciogliere la joint venture», Invitalia ha inviato al ministero delle Imprese e del Made in Italy l’istanza per richiedere l’amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia. «Invitalia - è scritto nella nota - dopo aver esperito, in costante dialogo con il governo, ogni tentativo possibile di accordo con il socio privato, preso atto dell’indisponibilità di quest’ultimo a contribuire a garantire la continuità aziendale ha inoltrato al ministero delle Imprese, un’istanza per la procedura di amministrazione straordinaria per Adi Spa».

Un passaggio atteso e formale a cui oggi seguirà l’avvio, per mano del ministro titolare Adolfo Urso, dell’ufficiale commissariamento. Un brusco ritorno al 2015, quando l’Ilva andò per la prima volta in amministrazione straordinaria che si profila, tuttavia, diverso. Il governo sta lavorando da tempo alle garanzie necessarie per salvare almeno l’indotto di Taranto, un centinaio di imprese che hanno crediti scaduti per oltre 150 milioni. Quanto ai fornitori, solo il tempo potrà dire quanto potranno recuperare con il sostegno di Sace, visto che l’ex Ilva non può contare su attivi.

Acciaierie d’Italia, però, ha giocato un’altra carta sul fronte giudiziario: il concordato con riserva. Ieri sera infatti la società ha comunicato di aver depositato la domanda, chiedendo «misure protettive». Si tratta di uno strumento che l’impresa insolvente può stipulare con i propri creditori al fine di cercare una soluzione equa e vantaggiosa per entrambe le parti coinvolte, Per evitare l’amministrazione straordinaria sarebbe stato necessario che il gruppo franco-indiano decidesse di cedere la propria quota ad un altro acquirente. Oppure che sciogliesse la joint venture. E secondo le indiscrezioni delle ultime settimane l’interesse di acquirenti esterni non sarebbe mancato. Ad esempio, quello del magnate ucraino Rinat Akhmetov, patron di Metinvest, che controllava l’Azovstal di Mariupol distrutta dai russi. Ma la due diligence, cioè un esame attento di dati, produttività, dipendenti, commesse, magazzino, passività, sarebbe stato prima necessario.

E lo sarà tanto più ora. Un compito non facile - e che secondo alcune fonti «non mancherà di sorprese negative» - che sarà affidato alla terna di commissari in fase di selezione. La palla ora passa al governo che scoprirà le carte di una partita che può essere affrontata secondo precise strategie: l’esame dello status quo, il rilancio e l’ingresso di un nuovo socio. Oggi il ministro Urso dettaglierà ai sindacati le prime intenzioni. «Nell’incontro con il governo - dice il Segretario generale Fim Cisl Roberto Benaglia - ci aspettiamo soluzioni definitive da varare e attuare già da domani e non ulteriori analisi, rinvii o nuovi approfondimenti».

I sindacati vedono una situazione ulteriormente deteriorata dopo l’ultimo incontro di un mese fa. E anche secondo fonti interne «lo stato degli impianti è al limite e i magazzini privi di materia prima». Per governo e commissari sarà una corsa contro il tempo.

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