Roma - Manine e manone misteriose, l'ombra ingombrante che si profila sulle primarie del Pd. Sarà per la particolare «fertilità» del personaggio, ma l'idea che ieri s'è fatta strada a opera del Giglio magico renziano dell'ennesimo complotto di «King George», tramite la strana intervista al suo fedelissimo Alfredo Mazzei, ha un po' del grottesco e un po' dell'inquietante. Non che il presidente emerito Giorgio Napolitano si sia mai astenuto dall'esercitare una propria moral suasion su tutta la genìa dei politici del proprio orticello (il Pd), con riflessi che spaziano lungo l'intero arco parlamentare. Si ricordi, a tal proposito, la testimonianza del deputato di An, Amedeo Laboccetta, che in un libro raccontò dei fervidi e familiari rapporti intrattenuti con il Fini presidente della Camera. Legami da consigliori che sicuramente portarono al «Che fai mi cacci?», la levata d'orgoglio che certamente costò al centrodestra un considerevole infiacchimento. Effetti che non tardarono a manifestarsi poco dopo con il «complotto» denunciato da Forza Italia nel novembre del 2011, e confermato da fonti americani quali l'ex segretario al tesoro Geithner e il politologo Luttwack. «Il presidente francese Sarkozy e la cancelliera Merkel - raccontò Luttwack - parlarono con il presidente Napolitano perché un Paese importante come l'Italia era sull'orlo del collasso e questo avrebbe aggravato la crisi economica mondiale... Perciò Francia e Germania convergono su Napolitano e su altri leader italiani come Pisanu: l'obbiettivo era rovesciare un governo eletto democraticamente perché il suo capo (Berlusconi, ndr) non voleva concentrarsi su questa crisi ed era occupato in altre cose». Sulla circostanza, com'è noto, ormai ci sono almeno una decina di libri e pure intercettazioni di WikiLeaks, nonostante Napolitano abbia più volte negato l'esistenza di un «complotto» anti-Berlusconi. Ma la lettera inviata al governo nell'agosto 2011 dai capi Bce (Trichet) e Bankitalia (Draghi), nonché i contatti intrapresi con Mario Monti addirittura all'inizio di quell'estate, farebbero pensare che una sottile trama politica sia stata ordita. Così come, più avanti, con la defenestrazione di Monti presentatosi alle elezioni nonostante il nyet di Napolitano. O con il passo indietro richiesto all'(ex) pupillo Letta, per lasciare il campo allo stesso Renzi.
«Improprietà» di ruolo, fu detto, cui il presidente emerito non ha rinunciato neppure durante la lunga vicenda del referendum renziano (sua la direzione occulta dei lavori in commissione, con Boschi e Finocchiaro vestali), e persino nella felice scalata di Cairo alla Rcs: i contatti con il banchiere Bazoli rivelano un protagonismo degno sicuramente di miglior causa. Ma certo si tratta di ruolo politico, non giudiziario con agganci nei servizi. E gli (ex) amici del Giglio renziano farebbero bene a tenerne conto.
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