Il comunismo non muore mai Ma l'unico sogno sono le tasse

La vittoria di Tsipras rianima i nostalgici del Pci. Sono stati sconfitti dalla Storia però restano ancora ossessionati dal risentimento verso il vecchio nemico: i ricchi

Il comunismo non muore mai Ma l'unico sogno sono le tasse

Ormai è cresciuta una generazione che soltanto a sentir parlare di «comunismo» si irrita: «È roba dei nostri nonni, per favore parliamo d'altro». Volentieri. Il fatto è che il comunismo e i comunisti, che ci piaccia o no seguitano a far parte del panorama e dell'ecosistema politico. Che possiamo farci? Prendiamo per esempio il vincente e venerato Tsipras. Ha detto di essere comunista, di sentirsi comunista, peccato - ha aggiunto - che il marchio con la falce e il martello sia già occupato da un altro partito ellenico altrimenti lo avrebbe copia-e-incollato con grande entusiasmo sul suo. Ieri mattina ho partecipato alla trasmissione Agorà sui RaiTre in cui si commentavano appunto le elezioni greche. In studio c'era il brillante ed esuberante Paolo Ferrero, leader di Rifondazione comunista il quale si contendeva il privilegio della vicinanza ideologica con Tsipras azzuffandosi con tutta la sinistra del Pd e dintorni. Lo spettacolo era sotto i nostri occhi: tutta la sinistra-sinistra, quella che deriva storicamente o per nostalgia dal vecchio Partito comunista, ieri era impegnatissima a misurare in centimetri e millimetri la vicinanza con Tsipras il quale, intanto, si metteva d'accordo con un partitino di destra per avere la maggioranza nel Parlamento di Atene.

Resta aperta la questione: il comunismo è morto, oppure è vivo e lotta contro di noi?

Domanda - ci sembra - non campata per aria perché se è vero che l'Urss non c'è più, in compenso al mondo ci sono un paio di miliardi di comunisti asiatici dalla Cina consumistico-maoista, al Vietnam, alla Corea di Kim Jong-Un, passando per i regimi filocomunisti di altre aree del mondo come quello venezuelano e quello dei fratelli Castro che non hanno alcuna intenzione di cedere il passo alla democrazia.

Uno dei trucchi di scena più riusciti dei comunisti di ieri e anche di oggi consiste nel ridicolizzare gli anticomunisti: nel far sembrare cioè il comunismo un'onorevole parte del passato e di far passare l'anticomunismo come qualcosa di forsennato, primitivo e miserabile. Eppure, ecco lì la realtà: il giovane Tsipras mentre promette lutti e rovine all'Europa della Merkel - e mentre si allea con la destra - dichiara la sua vicinanza al nome e alla storia comunista. Dall'altra sponda continentale i comunisti di tutta Europa lo guardano con occhi umidi di commozione e nostalgia. Uno potrebbe dire: sì, va bene, ma oggi che cosa significa essere comunista? Che senso ha?

Ognuno può trovare la risposta a questa domanda secondo la sua esperienza. Secondo noi il comunismo in Europa è oggi soltanto un sentimento, anzi un risentimento, anzi una sindrome emotiva priva di qualsiasi obiettivo che non sia quello di far pagare con tasse sempre più alte la mancata produzione della ricchezza. Si tratta in genere di profondi rancori ingolfate e senza sbocco. Se le cose stanno così, ci sbilanciamo in una previsione: l'effetto Tsipras è l'enzima che accelererà il distacco dei nostri più-o-meno-comunisti dal partito di Matteo Renzi.

E pensiamo che lo stesso Matteo Renzi faccia il tifo per lo smottamento e che quel che resta ancora del comunismo nel Partito democratico se ne vada. Quel che è certo è che le giornate ateniesi hanno dimostrato quanto sia forte il richiamo della foresta in quell'area della sinistra che vive di nostalgie inconfessate.

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