U n'altra trattativa, l'ennesima crisi di identità del M5s. Avviata l'interlocuzione con il Pd, «a partire dal taglio dei parlamentari», nel Movimento prosegue il perenne congresso, in corso ormai da più di un anno, tra maggioranze variabili, riposizionamenti continui e dubbi. Per tutti, Beppe Grillo compreso, l'unica stella polare sembra la beatificazione politica dell'ormai ex premier Giuseppe Conte.
Ma dubbio è la parola chiave per tentare di orientarsi nel caos a Cinque Stelle. I dubbi del capo politico Luigi Di Maio, che ha dato il là al dialogo con il segretario Nicola Zingaretti, senza però mai chiudere definitivamente la finestra del voto anticipato. E, sussurrano, del rimpasto di governo con la Lega di Matteo Salvini. Poi ci sono i dubbi di Alessandro Di Battista. Con Dibba c'è una pattuglia di parlamentari ed esponenti di governo decisamente contrari a costruire una nuova maggioranza con i dem e Leu. Non mancano i nomi di spicco: il senatore Gianluigi Paragone, il sottosegretario Stefano Buffagni, il consigliere comunale bolognese e socio di Rousseau Max Bugani. Nel barometro dei turbamenti pentastellati si segnalano anche i malumori sottotraccia del Guardasigilli Alfonso Bonafede e della vicepresidente del Senato Paola Taverna.
A dare voce al popolo del «no al Pd» ieri è stato Alessandro Di Battista. Con una frase che ha innescato una serie di disorientamenti nel M5s: «Ho visto nuove aperture della Lega al Movimento e mi sembra una buona cosa. Soprattutto perché non mi dispiacerebbe un Presidente del Consiglio del M5s». Fuga in avanti stoppata dalla maggior parte dei parlamentari: «Non abbiamo paura del voto, ma con Salvini abbiamo chiuso». In prima linea per l'accordo giallorosso i «fichiani», come il deputato Luigi Gallo che ha parlato di una «nuova fase» per il M5s.
Nel caos resta il «santino» di Conte. Il Garante Grillo, con un lungo messaggio, lo ha iscritto al club degli «elevati»: «Benvenuto tra gli elevati», ha esordito. Grillo ha così descritto il premier uscente: «Il primo in tanti anni che nessuno riesce a deridere. In effetti non si lancia in strambe affermazioni, mostra e dimostra un profondo senso di rispetto per le istituzioni, insieme ad una chiara pacatezza ricca di emozioni normali, senza disturbi della personalità». Anche Di Maio ha beatificato il professore foggiano. Lo ha fatto condividendo un estratto del discorso fatto in Senato nel giorno delle dimissioni. Ma è Grillo lo sponsor più melenso: «Sembra che nessuno voglia perdonare a Conte la sua levatura e il fatto che ci abbia restituito una parte della dignità persa di fronte al mondo intero. Ha reso possibili delle riforme che questo paese aspettava dai tempi dell'Antica Roma». Colpiscono le seguenti parole, che per molti hanno il sapore di una benedizione come leader grillino del futuro: «Qualsiasi cosa che preveda di scambiare lui, come facesse parte di un mazzo di figurine del circo mediatico-politico, sarebbe una disgrazia. Ora ha pure un valore aggiunto l'esperienza di avere governato questo strano paese».
Il comico nel suo intervento ha giustificato il M5s: «L'Italia vota ed il movimento vince, ma è costretto a cercare un'alleanza per evitare di rifare le elezioni dieci volte, anche grazie ad una legge elettorale fatta apposta e di
fretta per renderci la vita difficile se avessimo vinto». Contestualmente ha ripreso ad insultare l'ex premier Matteo Renzi: «Menomato di Firenze» e «finto rottamatore». Via libera, invece, al Pd di Zingaretti. Nonostante i dubbi.
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