Massimo M. Veronese
L'unica cosa certa è che si vedranno «in un modo o nell'altro» dice il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, che messo giù così sa un po' di sfida all'Ok Corral. Trump e Putin si sono dati appuntamento per luglio durante il vertice del G20 in Germania, tutti insieme con il gruppone, quindi niente incontro a due in Slovenia, patria di Melania, come aveva buttato lì lo zar, niente storico faccia a faccia come a Reykiavik, trent'anni fa, cioè Reagan e Gorbaciov, quando i muri cadevano e non venivano tirati su. Vedrà invece domani Benjamin Netanyahu, mentre ieri è toccato al canadese Justin Trudeau. Non propriamente baci e abbracci. Con lo zar di certo gli argomenti non mancano. L'ultima rogna riguarda l'ex generale Michael Flynn, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale accusato di aver discusso di sanzioni con l'ambasciatore russo con Obama era ancora presidente, cosa vietatissima, e cosa ancora più grave, aver mentito sull'argomento all'Fbi e al vicepresidente Pence. Trump di solito così loquace non ha speso sul caso una parola, nemmeno su twitter. E quando i giornalisti sull'Air Force One gli hanno chiesto lumi ha detto che «di non sapere nulla», reticente come il suo consigliere Stephen Miller: «Trump ha fiducia in Flynn? Non tocca a me dire cosa c'è nella testa del presidente», cosa del resto abbastanza impraticabile anche per il presidente in persona. L'unica certezza, dicono le gole profonde che alla Casa bianca sono di casa, che la posizione di Flynn in realtà è molto fragile, amici non ne avrebbe più e anche quei pochi sono convinti che lui non l'abbia contata giusta. Nella sostanza quando Obama annunciò sanzioni contro la Russia e l'espulsione di 35 presunte spie russe, Flynn telefonò all'ambasciatore russo Sergey Kislyak per chiedere a Mosca di non reagire perché con l'arrivo di Trump tutto sarebbe cambiato. Lui non nega la telefonata ma il contenuto, spalleggiato dal portavoce del governo russo Dimitry Peskov. Come finirà è da vedere.
Pence pare sia furioso, Pompeo gli ha già mandato un avviso poco incoraggiante, Steve Bannon, braccio destro di Trump, tiene in sospeso la lettera di licenziamento, i democratici chiedono un'indagine. Flynn si è scusato con tutti ma si dice italianamente sereno sul fatto di mantenere il posto di lavoro. Anche perché Trump pare odî ammettere di aver sbagliato scelta. Il problema semmai è fino a quando.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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