Dimissioni al vertice di Consip, pur di salvare la faccia di governo e maggioranza. Ieri, un po' in anticipo rispetto alle attese, si sono dimessi il presidente Luigi Ferrara e Marialaura Ferrigno, i due rappresentanti del ministero dell'Economia nel Consiglio di amministrazione della centrale unica degli acquisti.
Mossa che ha fatto decadere tutto il Cda e chiude anche l'era dell'amministratore delegato Luigi Marroni, anche se lui rimarrà in carica per l'assemblea dei soci e quindi fino alla nomina del nuovo Consiglio. La decisione era presa da tempo, l'accelerazione è stata decisa al ministero guidato da Pier Carlo Padoan.
Dimissioni attese. Oltre alla vicenda giudiziaria (l'inchiesta sugli appalti) su Consip stava per esplodere un altro caso politico. Un documento firmato dalle opposizioni al Senato nel quale si denuncia «il venire meno del rapporto di fiducia tra governo e management» rischiava di passare, facendo apparire il ricambio al vertice della società in house del ministero dell'Economia, a questo punto scontato, come una sconfitta del governo.
Sempre al Senato il Pd aveva presentato una mozione nella quale si chiedeva espressamente la rimozione dei vertici Consip. Per il Movimento 5 stelle, una «piroetta». «Chiedono la rimozione dell'Ad, Luigi Marroni, dopo che sono passati oltre 6 mesi da quando si è venuti a conoscenza dell'inchiesta» per «lasciare al suo posto» il ministro dello Sport Luigi Lotti. Il ministro era stato chiamato in causa da Maroni, Lotti ha smentito ogni coinvolgimento. Già nel marzo scorso contro di lui è stata respinta in Senato una mozione di sfiducia.
Le dimissioni da un lato mettono al riparo il governo da una figuraccia. Dall'altro sono la dimostrazione di come il ministro Padoan si stia muovendo politicamente. A segnalare questa chiave di lettura ieri sono stati i senatori di Idea Andrea Augello e Gaetano Quagliariello. Innanzitutto il documento del Pd al Senato rischiava di non passare. Poi, «lo stesso ministro Padoan non ci sta a farsi commissariare dal Senato: l'ultima via d'uscita è costringere la maggioranza del superstite Cda di Consip alle dimissioni». Per i due senatori è stato «spazzato via il pittoresco e avventuroso management renziano posto ai vertici della più importante stazione appaltante italiana».
In realtà è difficile che l'azionista di maggioranza del governo, cioè Matteo Renzi, segretario del Partito democratico, si lasci sfuggire l'occasione di piazzare un'altra pedina in uno snodo importante della pubblica amministrazione.
Dopo avere messo a segno il ricambio al vertice dell'Agenzia delle entrate (fuori Rossella Orlandi, dentro Ernesto Maria Ruffini), già si pensa a chi dovrà guidare la mega agenzia. Perché le inchieste possono toccare il management, ma nessuno mette in discussione il meccanismo degli acquisti centralizzati. Una pedina importante che il Pd non si vuole fare scippare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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