Volevano aprire il Parlamento come una scatola di tonno, poi si sono accorti che il tonno era ottimo e se lo sono pappato alla grande. Da contestatori antiprivilegi a privilegiati con scorta e stipendione, abbarbicati alla poltrona, innamorati del potere che per puro caso si sono ritrovati in mano, i grillini sono diventati casta al quadrato, anche perché senza la manna politica li attenderebbe una vita da disoccupati senza reddito o la fatica di trovarsi un vero lavoro. E quindi eccoli trafficare beati nei meandri più reconditi della politica che volevano abbattere. Potevano mancare i Cinque stelle nelle trame telefoniche di Luca Palamara, il pm tessitore di carriere e favori? Macché, e infatti nell'inchiesta sull'ex consigliere del Csm, indagato per corruzione, emergono i suoi rapporti cordiali con il mondo M5s romano, impersonato da Roberta Lombardi, dal presidente dell'assemblea capitolina Marcello De Vito, grillino già arrestato per corruzione e poi tornato al proprio posto in Comune, e anche dalla deputata Giulia Sarti, già protagonista della Rimborsopoli pentastellata (faceva finta di restituire i soldi della Camera ma poi se li teneva).
È De Vito che fa da intermediario tra le due parlamentari e Palamara. «Ho appena sentito Roberta Lombardi che mi ha detto avrebbe piacere di conoscerti», scrive a Palamara il 6 dicembre 2017. Qualche mese dopo invece si occupa di organizzargli un incontro con la Sarti: «Ciao Luca, ieri ho visto la Sarti. Sarebbe ben contenta di incontrarti. Mi sono permesso di lasciarle il tuo numero». Il magistrato risponde: «Bene! Se non dovessi rispondere perché al mare può mandarmi sms e la richiamo». Per la Lombardi, interpellata da Repubblica, è tutto normale: «Parlammo 30 minuti. Ricordo solo di essere uscita perplessa dalla chiacchierata». Quel che un tempo avrebbe indignato, ora al massimo suscita perplessità.
E che dire dei mitici privilegi dei parlamentari, tipo il barbiere a prezzi stracciati e soprattutto il ristorante con il controfiletto a 3 euro? I grillini sono diventati i loro migliori clienti, Di Maio e Bonafede si fanno sistemare il taglio nella barberia di Montecitorio che una volta volevano abolire, mentre dei manicaretti del ristorante non se ne può fare più a meno, scherziamo. In commissione Bilancio, il 26 giugno scorso, non casualmente attorno all'ora di pranzo, prende la parola la grillina Marialuisa Faro, la quale - racconta il verbale della seduta - «segnala che nella giornata odierna non è stato garantito il servizio di ristorazione ai deputati. Chiede, pertanto, alla presidenza della commissione di rappresentare al presidente della Camera e al Collegio dei deputati questori la necessità che tale servizio sia assicurato nelle prossime giornate festive nelle quali saranno previsti i lavori della commissione». Al che il collega grillino Giuseppe Buompane, in quel momento nelle veci di presidente della commissione, invece di segnalarla ai probiviri del M5s, promette che sarà sua «cura rappresentare tale esigenza al Collegio dei deputati questori». Questa Faro, catanese, direttrice di un'agenzia viaggi, si era già fatta notare con una mirabile pronuncia in un intervento alla Camera: «Bunchbank» al posto di «Bundesbank». Forse dovuto ad un calo di zuccheri per una temporanea chiusura della buvette.
I privilegi un tempo insopportabili sono diventati diritti irrinunciabili per i miracolati M5s. Come l'autobus esibito come mezzo di trasporto dal presidente della Camera Roberto Fico, ma subito sostituito con la più comoda auto blu con autista. Solo «per motivi di sicurezza», ovviamente.
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