«Nessuno può pensare di prescindere dalle nostre posizioni». Dopo 24 ore di ansia, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte può annunciare un risultato: la bozza di conclusioni del vertice informale di Bruxelles sull'emergenza migranti è stata cestinata.
«Ho appena ricevuto una telefonata dalla Cancelliera Angela Merkel, preoccupata della possibilità che io potessi non partecipare al pre-vertice di domenica», dice il premier, «Le ho confermato che per me sarebbe stato inaccettabile partecipare a questo vertice con un testo già preconfezionato. La Cancelliera ha chiarito che c'è stato un 'misunderstanding': la bozza di testo diffusa ieri verrà accantonata». Quella bozza era stata ritenuta dal governo uno schiaffo in faccia all'Italia». Salvini aveva subito preso la palla al balzo per dire che allora l'Italia avrebbe disertato il summit, ma dietro le quinte il lavorio diplomatico di Palazzo Chigi e ministero degli Esteri era continuato.
La telefonata della Merkel, per assicurarsi la partecipazione italiana e accantonare il testo inviso a Roma è un primo risultato. Ma il contesto resta assai complicato, e vede l'Italia isolata. I paesi del gruppo Visegrad, che piacciono a Salvini ma perseguono una linea dannosissima per l'Italia, annunciano che boicotteranno un vertice «inaccettabile». La Merkel è oggetto di un furibondo pressing interno da parte della Csu, che vuol sbarrare le frontiere. E l'attacco di Macron alla «lebbra» del populismo (anche italiano) fa impennare le tensioni: un'intesa, ieri sera, sembrava un miraggio.
Dunque la «vittoria» di Conte, più di immagine che di sostanza, rischia di essere una vittoria di Pirro. Nessuna delle richieste avanzate dall'Italia (apertura dei porti di altri paesi alle navi che salvano migranti, distribuzione per quote dei rifugiati, finanziamenti e agevolazioni dei rimpatri forzati) è stata accolta e inserita in un testo. Semplicemente, domenica non ci sarà un testo conclusivo, come spiega lo stesso Conte: «L'incontro non si concluderà con un testo scritto». L'ex titolare delle Politiche europee Sandro Gozi, Pd, attacca: «C'è poco da vantarsi se il vertice si concluderà senza un testo scritto, ossia senza alcun accordo che tuteli i nostri interessi».
Ma è una vittoria di immagine che serviva come il pane al premier Conte, per riequilibrare lo straripante protagonismo di Matteo Salvini e dimostrare che la linea del dialogo con i partner storici europei, perseguita da Palazzo Chigi in trangolazione con la Farnesina di Moavero Milanesi e con l'imprimatur del Quirinale, paga più delle minacciose rodomontate filo-Visegrad leghiste. E infatti alla cima di salvataggio lanciata dalla Merkel si aggrappano subito i Cinque Stelle, sballottati dai flutti di una maggioranza a trazione salviniana e ansiosi di rivendicare finalmente un risultato: «Conte dimostra che il suo atteggiamento ci permette di ottenere più rispetto in Europa», esulta Luigi Di Maio. «Grazie a Conte la bozza è stata accantonata», gli fa eco un altro ministro grillino, Fraccaro. «La credibilità e l'autorevolezza di Conte fanno tornare l'Italia protagonista nel mondo», si sbilanciano lirici i capigruppo M5s in una nota.
Il premier, in verità, sa bene che la
strada è ancora tutta in salita, che la Ue è spaccata e un accordo sui «movimenti secondari» verso altri paesi dei migranti registrati in Italia è lontanissimo. Ma si dice «determinato ad andare fino in fondo nella battaglia».
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