Cronache

Coppie con malattie genetiche: cade il divieto di fecondazione

Ennesima modifica alla legge 40 sulla procreazione. La Consulta dichiara illegittima la norma in vigore

Coppie con malattie genetiche: cade il divieto di fecondazione

Sarà una svolta per tantissime coppie, l'ennesima decisione dei giudici che colpisce i divieti di una legge molto discussa e a questo punto completamente svuotata. Cade infatti il divieto di accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche: la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità di questa norma della legge 40 e del divieto di accedere alla diagnosi pre-impianto.

Bisognerà attendere le motivazioni della sentenza per capire in quali termini i giudici della Consulta abbiano dichiarato incostituzionale la norma che precludeva, a questo tipo di coppie, l'accesso alla Pma. La questione era stata discussa in udienza lo scorso 14 aprile: a rimettere il caso alla Consulta era stato, con due distinte ordinanze, il tribunale di Roma, nell'ambito di due procedimenti avviati da coppie che si erano viste negare dalle strutture la possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto nonostante fosse stata accertato il fatto che fossero portatrici sane di gravi patologie genetiche. Filomena Gallo, uno degli avvocati delle coppie coinvolte e segretario dell'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, spiega: «Apprendo dai media la notizia che la Consulta ha dichiarato incostituzionale la norma che vieta la fecondazione assistita alle coppie fertili con malattie genetiche. Esprimo gioia e soddisfazione: ci aspettavamo una sentenza in tal senso, che rispettasse i diritti delle coppie che chiedono l'accesso ai trattamenti sanitari affinché siano rispettati diritto alla salute e principio di uguaglianza». Soddisfazione è espressa anche dalla senatrice Pd Emilia De Biasi, presidente della Commissione Sanità del Senato: «Un'altra bellissima notizia. Leggeremo con attenzione il dispositivo della Corte Costituzionale che da un altro colpo a una legge ingiusta, perché ripeto la legge 40 è una legge ingiusta».

Da poco compiuti 11 anni, lo scorso 10 marzo, la legge 40 (del 2004) sulla procreazione medicalmente assistita (pma) è tornata ancora una volta al vaglio della Corte Costituzionale, che si è pronunciata sul divieto di diagnosi preimpianto per le coppie fertili con patologie genetiche trasmissibili ai figli. Sottoposta a referendum, la legge 40 è stata uno dei provvedimenti più contestati della storia repubblicana, tanto da essere «smontata» pezzo dopo pezzo nelle aule di tribunale per ben 33 volte.

Da quelli di primo grado fino alla Corte Costituzionale e la Corte europea dei diritti di Strasburgo, i giudici hanno eliminato 4 divieti, tra cui l'ultimo è stato quello di fecondazione eterologa. Ma le battaglie giudiziarie non sono ancora terminate, e si è in attesa di udienza sia presso la Consulta che la Grand Chambre della Corte europea anche per il divieto di utilizzo degli embrioni per la ricerca scientifica e la revoca del consenso.

In questi anni, sono stati eliminati il divieto di produzione di più di tre embrioni e crioconservazione, l'obbligo contemporaneo di impianto di tutti gli embrioni prodotti (su cui è intervenuta appunto la Consulta nel 2009), il divieto di diagnosi preimpianto (ma per le coppie infertili, quelle che hanno accesso alla Pma, con intervento del Tar del Lazio sulle linee guida) e, appunto, il divieto alla fecondazione eterologa, mentre è rimasto in vigore il divieto di accesso alla fecondazione assistita per i single e le coppie omossesuali.

È un bilancio positivo quello di questi 11 anni secondo Filomena Gallo che rileva come si sia trattato di «una battaglia per la libertà di accesso alle tecniche e di garanzia del rispetto del diritto alla salute».

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