Roma Una coperta sfilacciata, più che corta, quella dei conti pubblici italiani, con il rischio che il rammendo tocchi ai contribuenti attraverso un taglio delle detrazioni fiscali da 20 miliardi. Domenica la conferma di una crescita al palo e un Pil 2014 che sarà vicino allo zero. Ieri il governo ha smentito l'unico spiraglio, cioè una trattativa con Bruxelles che avrebbe dato all'Italia un margine di quattro miliardi di euro. «Era un'invenzione - assicura una fonte del governo - visto che tutto sta avvenendo alla luce del sole». Ma l'autunno dei conti pubblici, non inizia bene.
I tecnici del ministero dell'Economia sono impegnati in queste ore a modificare il Def, cioè il documento del governo con le previsioni macroeconomiche e gli obiettivi di finanza pubblica. Con un Pil fermo, rispetto a una previsione dello 0,8%, sfuma ogni speranza di centrare gli obiettivi europei. Il mandato di Palazzo Chigi a Padoan è di continuare ad assicurare il rispetto del deficit al 3%. Il motivo è la reazione della Germania e della stessa Commissione europea alle notizie circolate in Italia su una maggiore flessibilità: riduzione obbligatoria del deficit strutturale dello 0,25% rispetto all'attuale 0,5%, ma anche il rinvio del pareggio di bilancio al 2017. La Cdu, il partito del Cancelliere Merkel, ha detto ufficialmente che i vincoli dei patti europei sono ancora validi. Il timore di Berlino è che l'Italia voglia saltare la barricata e finire tra i paesi che hanno un deficit sopra i tre punti di Pil, come la Francia. Tentazione reale, visto che Parigi ha avuto più spazi di manovra di Roma nel fronteggiare la crisi. La Commissione Ue ufficialmente prende le posizioni dei rigoristi. Ma nemmeno nella capitale europea si esclude la possibilità di uno sforamento. Il governo italiano - spiega una fonte di Bruxelles - dovrebbe presentare il reale stato dei conti e poi con la Commissione si aprirebbe un percorso che può portare alla procedura per deficit eccessivo.
Ma anche questa soluzione non piace a Renzi. Il premier è alle prese con i mal di pancia della sua maggioranza che sono tutti politici (contro accordi Pd-Forza Italia sulle riforme), ma trovano un facile sfogo sulle materie economiche. Un fallimento sui conti darebbe un'arma formidabile ai suoi oppositori. Il tentativo di Padoan di avere una sponda a Francoforte con Mario Draghi è destinato a non riuscire. «Benché sia necessario un cambio di impostazione della Bce, l'idea di stampare moneta per creare inflazione non è né originale né appropriata ad un ministro che dovrebbe pensare a misure economiche prima di tutto interne» commenta Nunzio Bevilacqua giurista esperto economico per il quale «le misure economiche dovrebbero contenere necessariamente anche interventi di breve termine per consentire che al medio-lungo ci si riesca ad arrivare».
Al governo quindi, non resta che fare i conti in casa, concentrandosi sugli obiettivi del 2015. La cifra da coprire resta intorno ai 16 miliardi, secondo il ministero dell'Economia. Ma c'è il rischio che si avvicini ai 20. Renzi deve trovare i soldi per la conferma del bonus da 80 euro, per alcune spese incomprimibili, per la cassa integrazione. Il ministero dell'Economia è intenzionato a confermare le coperture: 13 miliardi dalla spending review , anche se i risultati si vedranno solo a fine anno. Poi il calo di spesa per interessi, la lotta all'evasione e l'aumento del gettito Iva per gli aumenti decisi dalle precedenti manovre. Il rischio che i conti non tornino è concreto.
E per questo al ministero dell'Economia si comincia a fare i conti con la clausola di salvaguardia che garantisce le entrate del piano di Cottarelli, cioè il taglio alle detrazioni fiscali, per il quale c'è già un programma: tre miliardi nel 2015, sette nel 2016 e 10 nel 2017. Venti miliardi che non verranno usati per un calo generalizzato delle imposte e che quindi finiranno inevitabilmente per fare aumentare la pressione fiscale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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