Politica

"La corruzione è devastante E il debito ci sta rovinando"

"La corruzione è devastante E il debito ci sta rovinando"

Roma L'Italia potrà anche passarla liscia con l'Unione europea, ma non può permettersi di ignorare il livello del debito pubblico. La Corte dei conti ha acceso un faro sulle finanze pubbliche in un momento particolarmente delicato. Nella relazione sul rendiconto generale dello Stato presentata ieri si legge che il debito resta «l'elemento di maggiore vulnerabilità» del Paese e il suo livello impone di proseguire «lungo un percorso di rientro molto rigoroso». Se non ci sarà una riduzione del debito, si rischia una «inversione di segno negativo delle aspettative dei mercati». E quindi un aumento della spesa per interessi.

Giudizio negativo sulla spending review. I tentativi «non hanno prodotto risultati di contenimento del livello complessivo della spesa», ha detto il presidente delle sezioni riunite in sede di controllo Angelo Buscema. Il presidente della Corte Martucci, d'altro canto, ha spiegato che «i risparmi di spesa sono un fattore essenziale poiché liberano risorse, ma non sufficiente, in quanto queste ultime devono essere poi indirizzate al sostegno degli investimenti pubblici».

I guardiani dei conti hanno acceso il faro sul sistema di controllo della corruzione. Secondo il procuratore generale Claudio Galtieri «è scarsamente efficace per assicurare legalità ed efficienza, e per contrastare quei comportamenti illeciti i cui effetti negativi sulle risorse pubbliche sono spesso devastanti».

Insufficienti le misure per contenere la corruzione «proprio nei settori in cui è più alto il livello della spesa, come quelli della sanità, della realizzazione di opere pubbliche e della prestazione di servizi».

Un passaggio della relazione è dedicato a Consip, la centrale degli acquisti della pubblica amministrazione, finita al centro della inchiesta giudiziaria. I giudici sostengono che serve una «verifica dei risultati più rispondente a dati reali».

Troppi acquisti fuori dalla centrale e troppi quelli «negoziati».

Commenti