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Così Fuksas sputa sull'Italia che lo ha ricoperto di soldi

All'archistar non piace il nome della sua «Nuvola» e spera che siano i tedeschi ad occuparsene. Lo paghino loro allora...

Così Fuksas sputa sull'Italia che lo ha ricoperto di soldi

Tra business e sogno si inaugura, sabato, il «Roma Convention Center», conosciuto come «La Nuvola», il centro congressi dell'Eur firmato dall'architetto Massimiliano Fuksas che terminato 18 anni dopo il concorso indetto nel giugno 1998 dal comune di Roma e l'allora Ente Eur, quattro sindaci fa ridefinisce il concetto temporale dell'aggettivo «nuovo» attribuito all'opera, costata 239milioni di euro, per duemila posti seduti, oltre centomila euro in media a poltrona. Comodissime.

Sabato ci sarà il taglio del nastro in diretta televisiva Rai, con Matteo Renzi e Virginia Raggi. E perlomeno curiosa è la fatalità, tutta italiana, notata da un altro architetto di grido, che a battezzare il mega-complesso sarà un sindaco il quale ha fatto della lotta agli sprechi e allo stop di ogni cubatura la propria bandiera politica. Venerdì prevista una promozionale preview stampa. E ieri, su Repubblica sorta di anteprima fatta in casa della preview ufficiale - un'intervista di Francesco Merlo all'amico Fuksas, architetto ufficiale del salotto urban chic di Largo Fochetti. E dalla chiacchierata, un po' seduta, si sono capite due cose importanti uno: che Fuksas non vota da cinque anni, però è per il «Sì» al referendum; due: che gli piacciono gli sms di Renzi, il quale gli ha salvato la Nuvola e altre un po' meno. Cioè alcune cose che infastidiscono l'architetto Fuksas.

È fastidioso, in realtà, leggere che Massimiliano Fuksas, un minuto dopo aver completato l'opera, già prenda le distanze da tutto, tranne dalla propria parcella. Nell'ordine. Primo: non gli piace il nome dato al suo Centro Congressi, la «Nuvola» (lui avrebbe preferito The Floating Space). Secondo: attacca l'Ente Euro Spa (un carrozzone, un covo di clientelismi, nascondiglio di sprechi e favoritismi, ricettacolo di 149 dipendenti inutili...), sorvolando sul fatto che si tratta dello stesso ente (carrozzone, covo di clientelismi, ricettacolo di sprechi...) che nella passata gestione gli assegnò l'appalto da 25 milioni di euro; una parcella, ha notato un giornalista economico, che vale poco meno del risparmio che lo Stato avrebbe dalla riforma del Senato così come lo vuole Renzi. Terzo: sbuffa, mettendo le mani avanti, per le possibili inefficienze di gestione della Nuvola, col rischio che «fra due anni possa iniziare il dibattito su dove trovare i soldi per restaurarla». Quarto ma è la cosa che ci tiene a dire per prima - : spera che la Nuvola sia venduta subito ai tedeschi, «loro sì la farebbero funzionare...», tirando un sonoro schiaffo, amplificato dagli spazi vuoti e fluttuanti della Nuvola, a quest'Italia inefficiente, sprecona e irriconoscente.

Forse, ma solo forse, è un po' irriconoscente anche Fuksas, sopravvissuto, al riparo della la sua «teca» di vetro e acciaio, a una tempesta decennale di tempi e costi lievitati, di varianti e spese pazze, e persino alla bufera che lo coinvolse quando la Corte dei Conti giudicò la cifra milionaria del suo onorario «al di là di ogni più estensivo riferimento alla tabelle professionali, eccessiva e sproporzionata».

Non gli piace il nome che hanno dato alla sua opera, non gli piace chi la gestisce, non gli piace la fine che, presumibilmente, farà. E non gli piace neppure che ci sia una festa di inaugurazione, un insopportabile, per lui, «circo mediatico». L'unica cosa che gli piace, a parte se stesso, fiero di essere riuscito a finire l'opera così come la voleva, è Matteo Renzi.

Il quale è stato «bravo, bravissimo» a sbloccare la Nuvola, incagliata nel 2015 in scandali, polemiche e controlli dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici. La Storia insegna che ogni leader ha il suo architetto. E viceversa.

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