Così il Pci preparava l'insurrezione in Sicilia

Nel '45 il partito impartì direttive per scatenare la rivolta armata. Ma qualcosa andò storto

Così il Pci preparava l'insurrezione in Sicilia

Armi. Fondi riservati. Militanti da addestrare. Si, ci sono tutti gli elementi per preparare un'insurrezione in quel pezzo di carta scovato dalla professoressa Gabriella Portalone. Un documento eccezionale perchè per la prima volta si parla, dall'interno del partito, del mitico apparato paramilitare del Pci, da sempre evocato e mai dimostrato.

Certo, su scala ridotta, perchè ci muoviamo all'interno del perimetro siciliano, probabilmente nei mesi immediatamente successivi alla fine della Guerra, forse fra la primavera e l'estate del 1945, ma la circolare porta la firma pesantissima di Ruggiero Grieco, dirigente di primissimo piano del partito, appartenente all'ala «dura» guidata da Pietro Secchia. Grieco si rivolge «ai compagni segretari delle Federazioni provinciali siciliane» e a loro impartisce direttive precise: «Intensificare la propaganda fra le masse contadine al fine di ottenere, attraverso l'occupazione delle terre, l'applicazione del lodo mezzadrile non ancora accetto ai latifondisti siciliani».

Siamo dunque nel pieno della questione agraria, esplosa con la modifica dei vecchi assetti: i mezzadri, secondo i decreti Gullo del 1944, avevano diritto al 60 per cento dei raccolti, superando la vecchia divisione a metà con i padroni. Ma le misure appena varate furono oggetto di interminabili contese e discussioni e alla fine, dopo estenuanti trattative, si stabili che in caso di eccedenze si poteva tornare alla vecchia divisione del 50 per cento.

Questo è lo sfondo, in una Sicilia in cui si confrontano i padroni, i contadini, gli indipendentisti, i mafiosi. Qui però più del contenuto conta il metodo: «In caso di resistenza reazionaria appoggiata su elementi mafiosi - prosegue la circolare che è scritta a mano, reca la dicitura riservata, ed era conservata nell'archivio Guarino Amella di Canicatti - non rifuggire da atti di violenza i quali serviranno a creare le premesse per l'intervento degli speciali reparti di polizia già all'uopo dislocati in Sicilia».

Insomma, si va verso lo scontro con un cinismo scientifico. I passaggi sono presto delineati e non lasciano nulla al caso: «Attirare in seno alle organizzazioni del partito i reduci... sfruttando lo stato di disagio economico dei disoccupati. E incitarli contro le classi abbienti da definirsi reazionarie e affamatrici del popolo».

Siamo al terzo punto, quello decisivo: «Intensificare, usando i fondi necessari all'uopo destinati, l'incetta delle armi con speciale riguardo a quelle automatiche e accelerare la formazione e l'istruzione delle squadre di emergenza». Ancora: «Informare con sollecitudine questo esecutivo dell'entità delle forze mobilitate in conformità al piano B». Da ultimo: «Investigare... e segnalare i nominativi di quei proprietari che non hanno consegnato i prodotti contingentati all'ammasso, in modo da poter all'occorrenza, effettuare prelevamenti giustificati con l'illegalità del loro possesso».

Siamo, come si vede, davanti a uno scenario preinsurrezionale, come altre volte in quell'epoca difficile e turbolenta. Ma qui, in più, ci sono quei riferimenti cosi suggestivi e precisi alla macchina da guerra del partito: «La circolare - scrive Portalone in un saggio che verrà pubblicato dalla rivista Storia e politica dell'Università di Palermo dove la studiosa ha insegnato per molti anni - ha un'enorme importanza a livello storiografico. Infatti, per la prima volta troviamo direttamente nello scritto autografo di un dirigente comunista, la conferma dell'esistenza di un apparato paramilitare del partito o, quantomeno la preparazione dello stesso e il progetto, seppure limitato alle province siciliane, di un'insurrezione armata.

Si parla di incetta di armi, preferibilmente automatiche e di fondi appositamente adibiti allo scopo, di arruolamento e addestramento di uomini per combattere la resistenza degli agrari. Finora - è la conclusione - le notizie che si avevano sull'apparato paramilitare comunista si fondavano su ipotesi più o meno concrete, o su informazioni ottenute per via indiretta, ma non si era mai trovato un documento del partito che ne accertasse l'effettiva esistenza».

Ora la scoperta casuale di quel «biglietto stropicciato» fra le carte della Fondazione Guarino Amella riapre la questione e pone le basi per ulteriori ricerche. «Fino ad oggi - conferma Francesco Perfetti, uno dei più autorevoli storici italiani e firma del Giornale - l'esistenza della faccia nascosta del Pci ci era giunta soprattutto dalle informative dei servizi segreti e delle forze di polizia. In questo senso la circolare Grieco», sulla cui autenticità sembrano non esserci dubbi, «rappresenta un passo in avanti».

Ed

è interessante una coincidenza, messa in evidenza proprio da Portalone: «Nel 1947 alcuni delatori anticomunisti avevano raccontato come, almeno in Piemonte, l'apparato clandestino del Pci fosse guidato proprio da Grieco».

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