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Il Cts insiste sui trasporti. I sindaci: "Dateci i soldi"

Gli esperti attaccano le amministrazioni locali per non aver implementato il Tpl come previsto

Il Cts insiste sui trasporti. I sindaci: "Dateci i soldi"

Si parla di tutto in vista del prossimo Dpcm, di lasciare a casa gli over 70, di anticipare il coprifuoco alle 18, di chiudere i centri commerciali nei week-end, di aumentare la didattica a distanza, ma neanche una parola sui trasporti. E ben poco sullo smartworking, che pure servirebbe ad evitare gli assembramenti nelle ore di punta. Come se la capienza all'80 per cento confermata dal governo anche nell'ultimo decreto - nonostante tutte le criticità segnalate e documentate quotidianamente sui social - fosse un dogma. Come se su bus e metro il virus si comportasse in maniera diversa, come se fosse meno contagioso.

Eppure non è così per il comitato tecnico scientifico, che anzi continua a ritenere il trasporto pubblico locale un tema di primo piano per cercare di contenere i contagi. Secondo gli esperti è necessario seguire una strategia omogenea negli interventi su tutto il territorio nazionale visto che molte delle indicazioni date finora non sono state attuate da Comuni, Province e Regioni, soprattutto per quanto riguarda la prevista implementazione dei trasporti. Che nei fatti non c'è mai stata.

Il 28 ottobre alla Camera il premier Giuseppe Conte ha dichiarato che le Regioni hanno utilizzato solo 120 milioni dei 300 messi a disposizione per rafforzare il Tpl. Anche se il giorno dopo gli assessori ai Trasporti di Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria e Friuli Venezia Giulia hanno scritto il contrario in una nota congiunta dove ribadivano al governo che i finanziamenti statali destinati al trasporto pubblico locale per l'emergenza Covid non sono sufficienti per far fronte al potenziamento dei servizi. Ieri sono stati invece i sindaci e i consiglieri metropolitani e provinciali lombardi, con in testa il primo cittadino di Codogno, Francesco Passerini, a tornare sull'argomento, minacciando di impugnare il Dpcm dello scorso 24 ottobre, che colpisce categorie e attività produttive già allo stremo delle proprie forze con «scelte miopi che affossano l'economia». Mentre da Roma non sarebbe arrivato «nemmeno un euro per i servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale». «Non è stato ancora approvato - sostengono i sindaci del nord - il decreto attuativo per il riparto di anticipazione dei primi 150 milioni sui 300 milioni di risorse stanziate dallo Stato».

La situazione dei mezzi pubblici è un nodo difficile per il governo, una nota dolente su cui le opposizioni attaccano da settimane, sollecitando le istituzioni a coinvolgere i privati. Del resto senza ridurre la pressione degli utenti, sarebbe impossibile abbassare il coefficiente di riempimento dei mezzi. Gli operatori del Tpl non riuscirebbero a conciliare il rispetto dei protocolli anti-Covid con il diritto alla mobilità di centinaia di migliaia di viaggiatori ogni giorno.

Il Piemonte lo ha fatto: le linee del trasporto pubblico sono state potenziate perché da oggi metro, bus e treni viaggiano al 50 per cento della capienza, come previsto da una nuova ordinanza della Regione, che però impone anche il 100 per cento di didattica a distanza. Nel Lazio, invece, i presidi se la prendono con chi dice che i contagi avvengono a scuola senza guardare come sono organizzati i trasporti. «In alcune zone - dice Mario Rusconi, presidente dell'associazione nazionale presidi del Lazio - le lezioni delle scuole superiori cominciano alle 9 ma gli autobus del circondario hanno una sola corsa, alle 7.30. Allora, i ragazzi, arrivano alle 7.

30, vanno nei bar circostanti e si assembrano».

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