Da Cuccureddu a Maradona. Se il mito finisce in tribunale

L'ex difensore juventino indagato per turbativa d'asta. Ma a tanti suoi celebri colleghi è andata anche peggio

Da Cuccureddu a Maradona. Se il mito finisce in tribunale

Dalla «figu» nell'Album Panini alla foto nell'Albo del Casellario Giudiziario, il passo (anzi, il passaggio) può essere molto breve. Lo ha imparato, a sue spese, anche l'ex campione della Juventus e della Nazionale, Antonello Cuccureddu, 68 anni, indagato per turbativa d'asta dalla procura di Sassari che ieri ha formalizzato cinque misure cautelari nell'ambito di un'inchiesta su presunte irregolarità relative alla gara per la concessione di un campo di calcio ad Alghero: comune nel quale Cuccureddu, almeno per il momento, non potrà più andare neppure «in compagnia di uno straniero» (come cantava Giuni Russo); il gip ha infatti disposto per lui il «divieto di dimora sull'intero territorio di Alghero». Ma cos'è accaduto ad Alghero (città natale del «Cuccu») di così grave e di quale colpa si sarebbe macchiato l'indimenticabile «coriaceo terzino» bianconero?

Secondo l'accusa, la polisportiva presieduta da Cuccureddu avrebbe beneficiato di una serie di «illeciti trattamenti di favore posti in essere da vari soggetti» per alcuni dei quali sono scattati addirittura gli arresti.

In particolare gli inquirenti accusano gli indagati (tra cui il vicesindaco e un assessore) di aver «abusato delle proprie funzioni, favorendo la società sportiva dell'ex calciatore mediante la maggiorazione dei punteggi e la falsificazione dei verbali di gara». Insomma, si tratterebbe a prima vista di una storia da campionato giudiziario dilettantistico. Vuoi mettere con le ben più «avvincenti» partite di Champions Lex giocate da tanti altri famosi colleghi di Cuccureddu negli stadi tribunalizi di mezzo mondo? Due nomi per tutti: Diego Maradona e Paul Gascoigne. A metterli in fuorigiorco (e in fuorilegge) provvidero droga, alcol e altri svariati vizietti che macchiarono a più riprese non solo la loro fedina penale, ma soprattutto le rispettive cartelle cliniche. Entrambi salvi per miracolo, sono sempre lì lì per ritrovarsi al cospetto di un giudice o, peggio, di un medico del pronto soccorso. Particolarmente ricca la categoria «rovinati dalle cattive amicizie»: ne sa qualcosa il siciliano Fabio Miccoli, abituale frequentatore di personaggi non proprio raccomandabili; idem per il tunisino Nizar Trabelsi che pare avesse inquietanti amicizie terroristiche.

Alla voce «condannati per delitti vari», menzione d'«onore» per la buonanima di George Best, imbattibile nel palleggio, ma anche nel «palpeggio» delle minorenni; figuraccia memorabile anche per l'ucraino Ihor Bjelanov sorpreso a rubare slip griffati in un grande magazzino: colpo, per ridicolaggine, inferiore solo allo storico furto di mutande dell'italianissimo Renato Vallanzasca, che non faceva il calciatore ma di gol «di rapina» era comunque esperto.

Dalle marcature strette dei giudici non si salvano neppure i calciatore con i santi in paradiso. Ne sa qualcosa il portiere argentino Pablo Migliore, capitano del San Lorenzo (la squadra per cui tifa Papa Francesco), arrestato dalla polizia di Buenos Aires con l'accusa di complicità in un omicidio.

Capitolo a parte per il carioca Mancini, alias «Tacco di Dio» (soprannome guadagnato sul campo dopo un gol fatto con la Roma in un derby). Durante un festino hard organizzati dal connazionale Ronaldinho, Mancini stuprò una ragazza: condannato con il rito abbreviato a 2 anni e 8 mesi, riuscì a farla franca, dimostrando che la donna era consenziente.

Una passione bruciante provvide invece a incenerire la carriera del brasiliano Breno che soli 22 anni, in preda ad un raptus, dette alle fiamme la sua villa a Monaco.

Bronzo olimpico a Pechino 2008, Breno era destinato a diventare un pilastro della retroguardia verdeoro al fianco di Thiago Silva e David Luiz. La notte tra il 19 e il 20 settembre del 2011 venne sbattuto in carcere. Ne è uscito solo l'anno scorso. Con tanti bei ricordi. Andati in fumo.

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