Cyber guerra dei cellulari. Appello Usa agli alleati: "Boicottate quelli cinesi"

Huawei nel mirino di Washington, che segnala ai governi l'esistenza di un rischio spionaggio

Cyber guerra dei cellulari. Appello Usa agli alleati: "Boicottate quelli cinesi"

La guerra fredda (commerciale e non solo) tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping aggiunge un nuovo capitolo alla lunga lista che la compone: da oggi c'è anche la guerra dei telefonini. Secondo il Wall Street Journal, infatti, il governo di Washington starebbe conducendo una «campagna di sensibilizzazione» presso i Paesi alleati chiedendo loro di evitare l'utilizzo dei dispositivi prodotti dalla casa cinese Huawei.

La richiesta di boicottare le apparecchiature di uno dei principali produttori mondiali ha a che fare con la sicurezza. Non è un tema nuovo, in realtà: gli americani sostengono da tempo di avere fondati motivi per temere che la Cina utilizzi i propri prodotti informatici diffusi in tutto il mondo a fini di spionaggio.

Un passo oltre, dunque, rispetto alla guerra dei dazi che già ben conosciamo. Funzionari americani, scrive il quotidiano economico newyorkese, avrebbero già contattato governi e dirigenti del settore delle telecomunicazioni di Paesi alleati dove le apparecchiature Huawei sono ampiamente usate per illustrare loro i pericoli per la sicurezza informatica che essi collegano alla casa cinese.

Tra i Paesi contattati ci sarebbe anche l'Italia. Il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha in programma di aprire un'indagine conoscitiva sul fenomeno sempre più preoccupante degli attacchi alla cybersicurezza e sembra una notevole coincidenza il fatto che proprio ieri la società italiana Cellularline abbia siglato con Huawei un'intesa per la distribuzione in Italia della sua intera gamma (con l'esclusione dei cosiddetti wearable) di accessori per smartphone e tablet. Una mossa che non sembra tenere in gran conto le raccomandazioni giunte da Washington.

Inevitabile la reazione sorpresa e irritata di Huawei alla notizia diffusa dal Wall Street Journal. La casa cinese ricorda che i suoi prodotti sono utilizzati in più di 170 Paesi, e che i suoi clienti si contano a centinaia di milioni, senza contare i principali operatori mondiali. E sottolinea che tutti questi utenti hanno completa fiducia in Huawei.

Tutto questo avviene a pochi giorni dall'incontro al vertice tra Donald Trump e Xi Jinping, previsto a margine del G20 del 30 novembre e 1° dicembre a Buenos Aires. Nonostante le forti tensioni commerciali tra i due Paesi - di cui il caso Huawei è solo l'ultimo capitolo - dalla Casa Bianca e da Pechino filtrano messaggi incoraggianti. Trump ha detto che «la Cina vuole un accordo e noi ne siamo contenti» e ha aggiunto di essere «prontissimo a incontrare Xi, è una vita che mi sto preparando». Da Pechino assicurano che i team commerciali cinese e americano lavorano in stretta intesa, e il ministro del Commercio Wang Shouwen afferma di «aver notato che gli Stati Uniti vogliono raggiungere un accordo per risolvere le frizioni con la Cina. E noi speriamo di lavorare con gli Usa per contenere le dispute».

I motivi di contrasto, però, al di là delle dichiarazioni di ottimismo ufficiali, abbondano. La Cina continua a privilegiare i rapporti politici e commerciali con i Paesi che meno insistono con le critiche alla sua azione liberticida in patria. Così Xi si prepara a visitare Spagna e Portogallo, che fanno professione di pragmatismo gradito a Pechino.

Il leader cinese siglerà anche un'intesa con Panama, Paese strategico sulla rotta commerciale mondiale che Pechino sta costruendo pezzo per pezzo e che sempre più preoccupa la Casa Bianca. Per questo, al recente vertice Apec, il vicepresidente Usa Mike Pence aveva esortato i Paesi più deboli a non accettare prestiti cinesi «che possono compromettere la vostra sovranità».

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