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Dai pirati a big tech: artisti i più colpiti (ma l'intesa ci sarà)

Dai pirati a big tech: artisti i più colpiti (ma l'intesa ci sarà)

In ogni caso tocca sempre alla musica fare da apripista. Anche stavolta sono le tanto sottovalutate «canzonette» ad accendere i riflettori dell'attenzione pubblica su uno degli scontri più giganteschi ed economicamente cruenti degli ultimi decenni: quello tra i grandi colossi del web e gli ormai piccoli autori di canzoni. La scadenza dell'accordo di licenza riguarda un giro di affari da milioni e milioni di euro ed è lo specchio paradigmatico di quanto, a rotazione, capita e capiterà a cinema, televisione ed editoria. Ora la trattativa si è interrotta con un gesto definito traumatico e imprevisto da quasi tutti gli osservatori. Un gesto che è comunque unico in Europa, almeno fino a questo momento, ma rischia di diventare un precedente per analoghi confronti nel resto del mondo.

Per comprendere gli estremi della situazione, bisogna fare una premessa decisiva: nella storia dell'umanità, la musica non è mai stata ascoltata o diffusa come ora. Mai. Quello che fino a pochi anni fa era un momento riservato, quasi di concentrazione solitaria per tanti, ossia l'ascolto di una serie di canzoni, oggi è un rito collettivo che quotidianamente interessa miliardi di persone quasi h24. C'è musica ovunque. E sui social la musica è spesso fondamentale per la costruzione stessa del contenuto da pubblicare. Milioni di storie su Instagram ogni giorno sono accompagnate da canzoni, che talvolta diventano famose proprio per questo. Su Facebook c'è una circolazione musicale che è oceanica.

In questo scenario c'è chi contabilizza introiti monumentali, e sono i giganti del web, in questo caso Mark Zuckerberg e la sua Meta. E chi invece raccoglie spesso le briciole, ossia chi la musica la firma. Bene fa Giulio Rapetti Mogol, presidente onorario di Siae, a definire «sacrosanta» questa battaglia. Anche se a molti sfugge, la Siae è un segno di libertà perché garantisce ai meritevoli di poter affidare al mercato la propria arte senza doversi per forza asservire a quelli che una volta erano i «mecenati», bravi e illuminati quanto si vuole ma non sempre (anzi quasi mai) altrettanto liberali. E ora? Impedito (più o meno) l'utilizzo del catalogo Siae, da una parte gli utenti Instagram o Facebook che non possono proprio fare a meno di usare musica potranno spostarsi su altre piattaforme dove invece è ancora possibile farlo, ad esempio TikTok. Non sembra, ma questo per Zuckerberg sarebbe un danno sanguinario. Nello stesso tempo, il mancato utilizzo dei brani Siae sui social di Meta rappresenta un danno (meno ingente ma comunque significativo) anche per tutti gli autori italiani che, ricordiamolo, non sono tutti milionari come le famose rockstar, anzi, spesso campano proprio grazie ai diritti d'autore. In ogni caso, siamo nel bel mezzo di una gigantesca e implacabile trattativa che però ha un solo sbocco possibile: l'accordo. I social non possono stare senza musica. E senza social tanta musica perde rilievo. Alla fine si arriverà a un punto di equilibrio. Vista la crisi di Meta, la Siae ha molte frecce al proprio arco.

Si spera che le utilizzi tutte.

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