Dall'affittacamere al portalettere: la carica dei laureati eterni precari

Giovani e cinquantenni a caccia di un lavoro adeguato agli studi

Dall'affittacamere al portalettere: la carica dei laureati eterni precari

Roma - È la meglio gioventù quella che ieri alla Fiera di Roma ha affrontato la prima rincorsa al posto da navigator, o i peggiori bamboccioni? «Lo so sono una cozza attaccata allo scoglio - confessa Alessia, 38 anni e una bimba di tre che l'aspetta a casa a Palermo - se vinco questo concorso potrò lavorare nella mia provincia». Un leit motiv che ritorna tra i candidati in fila per rispondere ai 100 quiz. «Anch'io voglio restare in Sicilia», le fa eco Giuseppe, 28enne laureato in economia che arriva da Mussomeli, un piccolo centro in provincia di Caltanissetta. Ma nella marea di giovani e meno giovani che esce con l'aria perplessa dai capannoni dove si sono svolti i test non ci sono i classici «mammoni» del Sud. Manuela ha 34 anni e viene da Ancona. Lei deve ancora fare il suo tentativo, sta in disparte, guarda il cellulare e un libriccino che ha in mano. «Per favore non scrivere troppi dettagli su di me - si raccomanda - in azienda non sanno che sono qui». Allora un lavoro ce l'hai? Sì, nell'ufficio del personale di un'azienda farmaceutica polacca - racconta pesando le parole - mi hanno presa per gestire i dipendenti che hanno in Italia». Per lei dunque il miraggio di uno stipendio da precaria, ma garantito per almeno due anni non c'entra niente. «In Polonia si sta bene - aggiunge - ci sono tante opportunità e la paga, che per Cracovia è buona, sarebbe più che dignitosa anche in Italia». E allora? «Allora voglio tornare in Italia».

Sembra di sentire l'eco dei lamenti sui cervelli in fuga. Che nei talk incuranti della contraddizione si alterna a quello sui posapiano che non vogliono fare esperienza all'estero.

Eppure questi ragazzi sono tutto tranne che pigri o impreparati. Alessia ha due lauree, entrambe con 110 e lode, quella in Scienze della comunicazione le ha permesso di partecipare. Ora lavora a partita Iva (come la maggior parte degli aspiranti navigator) ma fatica a mettere insieme mille euro al mese. Giuseppe è laureato in Economia e campa facendo il portalettere con contratti che si rinnovano di tre mesi in tre mesi. Il contratto di due anni da navigator gli appare come un'oasi di stabilità. Una mamma, dipendente di una Prefettura, ma non vuol dire di quale città, aspetta sua figlia anche lei laureatissima e con master, che le sta tentando tutte, dopo aver lavorato in una cooperativa di accoglienza per migranti. Un business finito. Cesare, psicologo del lavoro di 49 anni, è tra i primi a terminare i quiz e uscire e probabilmente è il decano di questa prima giornata. Lavora nel turismo affittando case vacanza, un altro dei lavori-tipo in questo spaccato d'Italia richiamato dalla sirena navigator. Per lui è tutto chiaro: vorrebbe tornare al lavoro per cui ha studiato. E infine c'è Michele da Avellino, ha laurea e master (altro titolo che metà dei partecipanti ha in tasca), ha iniziato a lavorare all'estero nell'università: «Non ho mai provato un concorso in Italia, voglio vedere come funziona». Certo l'offerta dei navigator non è l'esempio migliore.

I candidati sono stati accolti da una lettera dei precari, alcuni con venti anni di esperienza, che Anpal sta pian piano buttando fuori: «Con voi l'agenzia arriverà al 90% di dipendenti precari, un record». Chissà perché Di Maio non lo ricorda mai quando si vanta del decreto Dignità che, a quanto pare, vale per le aziende non per il suo ministero.

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