Dalle automobili al contante non sanno più cosa tassare

Gabella sul contante, balzello sulle vacanze: altro che fisco più leggero, i giallo-rossi ci vogliono spennare

Dalle automobili al contante non sanno più cosa tassare

È una frenesia, una irrefrenabile corsa all'oro (altrui). Come se si fosse scatenato all'improvviso un desiderio represso troppo a lungo. Neanche il tempo di entrare nel vivo della discussione sulla legge di bilancio, e già il dibattito pubblico ribolle di creatività fiscale. A senso unico: che tassa ci si può inventare? Già perché in un Paese dove la pressione fiscale supera abbondantemente il 42 per cento, gli spazi per nuove salassi sono sempre più ridotti.

Se quello gialloverde si è caratterizzato soprattutto come governo della spesa pubblica, l'avvento della maggioranza giallorossa pare già orientato a produrre un esecutivo a trazione fiscale. Almeno nei desiderata dei suoi tifosi e di alcuni dei ministri. Tra i primi a partecipare al concorso «tassa più fantasiosa» in onda su social e salotti tv, Lorenzo Fioramonti, responsabile della Pubblica istruzione. Il ministro, per finanziare un aumento di stipendio agli insegnanti propone di tassare merendine caloriche e bibite gasate. L'economista inaugura un gastro-keynesianesimo antimeritocratico. Soldi a pioggia per tutti, perché gli incentivi, dice, sarebbero controproducenti: «No alla scuola azienda che ti premia perché fai qualcosa in più. Chi oggi fa tanto per vocazione non lo farebbe più, perché la leva monetaria diventerebbe prevalente». Sarà.

Premio per la tassa più inquietante però se lo aggiudica quella sui prelievi bancari. Proposta inizialmente dal centro studi di Confindustria sotto forma di «commissione» (termine inadeguato perché non sarebbe il corrispettivo di alcun servizio) sui prelievi superiori ai 1.500 euro mensili per persona. La proposta ha infiammato i cuori della sinistra seguace della filosofia della «bellezza delle tasse». Il culmine l'ha raggiunto Milena Gabanelli, che ha rivendicato la maternità della proposta, aggiungendo che «non basterebbe», bisognerebbe «tassare anche i depositi». Il che in effetti completerebbe il ciclo: i soldi verrebbero predati dal fisco al momento in cui li guadagni (Irpef e simili), quando li depositi (tassa Gabanelli), quando rimangono fermi sul conto (imposta di bollo), quando li prelevi (tassa Confindustria), quando li investi (capital gain) e infine quando li spendi (Iva). Resterebbe solo un fastidioso vuoto nella fase di giacenza nel portafogli, ma si può sempre rimediare con una «Nazareno Gabrielli tax».

Ci sarebbe da ridere, se non fosse un disastro per le nostre tasche. Tra l'altro, c'è chi ha pensato di coinvolgere nel gran ballo dell'erario anche le vacanze: l'ex presidente dell'Inps Tito Boeri, in uno dei salotti tv dove si coltivano queste ideone, ha accennato alla possibilità di alzare l'Iva sugli alberghi.

Il governo «nato per evitare l'aumento dell'Iva» sull'argomento pare avere una posizione inflessibilmente possibilista, sullo stile dell'«obbligo flessibile» inventato in tema di vaccini. Anche ieri Giuseppe Conte ha smentito aumenti dell'imposta, ma la tentazione di rincari selettivi appare vivissima. «Questo Governo -ha commentato Nicola Zingaretti- si è impegnato e lo farà a non far aumentare l'Iva e a far abbassare le tasse». Salvo poi aggiungere che è «sicuramente giusto adottare politiche che mettono al centro la svolta ecologica e green». In sostanza un via libera al nuovo balzello di 1 euro sui voli nazionali e 1,5 sugli internazionali sulla spinta del movimento «Greta». Dimenticando la già gravosa tassa sugli imbarchi.

Nel dibattito sui social qua e là

sparuti commentatori liberali tentano l'esorcismo ricorrendo a classici tipo Maffeo Pantaloni: «Qualunque imbecille può inventare e imporre tasse. L'abilità consiste nel ridurre le spese, dando nondimeno servizi efficienti».

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