Roma - Piercamillo Davigo si candida alla presidenza della corrente moderata delle toghe, Magistratura indipendente. L’ex membro del pool di Mani Pulite, oggi in Cassazione, forte della sua grande popolarità e dell’aggressività dimostrata in questi mesi contro le riforme del governo Renzi, si prepara a raccogliere una messe di voti all’assemblea nazionale di sabato e domenica a Roma, che appunto si occuperà del rinnovo delle cariche. L’unica che potrebbe sbarrargli la strada è Giovanna Napoletano, presidente di sezione al tribunale di Santa Maria Capua Vetere e sorella di Roberto, il direttore del Sole 24 ore, che già in primavera si era candidata senza successo alle primarie di Mi per il Csm.
Per la segreteria, invece, c’è un unico candidato e cioè Antonello Racanelli, ex consigliere a Palazzo de’ Marescialli, che a luglio è rientrato alla procura di Roma ed è risultato il più votato alle precedenti elezioni tra le toghe. Davigo e la Napoletano rappresentano le due anime della corrente, che negli ultimi mesi si è avvicinata pericolosamente alla scissione tra il gruppo più legato all’ex leader Cosimo Ferri, ora sottosegretario alla Giustizia, e quello che gli si oppone duramente, in nome di una maggiore distanza dalla politica e di un più forte contrasto alle riforme renziane.
La Napoletano appartiene al primo e non ha ritirato la sua candidatura, come alcuni prevedevano, di fronte alla decisione di scendere in campo di un personaggio «simbolo» della lotta alla corruzione e della legalità come Davigo. Quest’ultimo, infatti, secondo i sostenitori che giovedì hanno avanzato la proposta riscuotendo i primi consensi tra gli aderenti alla corrente, viene presentato come un personaggio in grado di ricompattare Mi e di renderla più forte soprattutto nel pungolare l’Anm di Rodolfo Sabelli, ritenuta troppo timida e ossequiosa verso il governo e le sue riforme per la giustizia.
Sull’anticorruzione, come sulla prescrizione, sui provvedimenti per il processo civile come sul taglio delle ferie, Davigo si è fatto sentire molto negli ultimi mesi, attaccando interventi definiti «inutili» o addirittura dannosi e arrivando a chiamare i membri del governo e della maggioranza «dilettanti allo sbaraglio». Il disegno sarebbe questo: l’elezione di Davigo accanto a Racanelli, molto vicino a Ferri, potrebbe rappresentare una svolta di rinnovamento e la fine della guerra intestina alla corrente. E molti hanno sostenuto in questi giorni che questo sarebbe il tandem ideale.
Il gruppo di toghe che ha candidato il campione di Tangentopoli (da Sergio Amato e Sebastiano Ardita del gruppo dirigente dell’Anm al procuratore generale di Torino Marcello Maddalena, dall’ex presidente dell’Anm oggi alla Dna Antonio Patrono al membro del Csm Aldo Morgigni, al suo predecessore Alessandro Pepe) propone un programma «condiviso», sui principi ispiratori di Mi: difesa «strenua» di autonomia e indipendenza della magistratura e rifiuto di ogni forma di collateralismo con la politica; riaffermazione di un ruolo «laico» dei magistrati; pressione sull’Anm perché difenda, di fronte alle riforme in cantiere, interessi, aspettative e status dell’ordine giudiziario; azione di impulso e stimolo, ma anche di controllo e critica, sull’attività del Csm; modifiche dello statuto per una maggiore partecipazione degli iscritti alle decisioni e una rappresentanza delle diverse «sensibilità» nel gruppo;
impegno nelle iniziative sindacali con l’istituzione di specifici «sportelli» e servizi.Ma la areola passa ora agli iscritti a Mi, che con il loro voto in questo week end diranno in che direzione la corrente deve andare.
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