Le debolezze di un'Europa rimasta indietro

​La sostanziale parità tra euro e dollaro, con la moneta americana che nelle ultime settimane si è molto rafforzata su quella europea, può essere valutata da varie prospettive

Le debolezze di un'Europa rimasta indietro

La sostanziale parità tra euro e dollaro, con la moneta americana che nelle ultime settimane si è molto rafforzata su quella europea, può essere valutata da varie prospettive. Per quello che riguarda la cronaca recente è chiaro che adesso la Fed (la banca centrale statunitense) può permettersi una manovra sui tassi d'interesse che a Francoforte non è facile mettere in agenda. L'economia americana procede a gonfie vele e quindi può difendere la sua moneta, mentre da noi dopo anni di espansione monetaria si teme una stagnazione dell'economia e anche la disfatta degli Stati maggiormente indebitati (a partire, naturalmente, dall'Italia). Per giunta, di fronte al Covid-19 l'Europa ha adottato scelte assai più drastiche (e quindi costose) di quelle assunte negli Usa, dove molti stati dalla Florida al Texas hanno girato le spalle a Joe Biden e all'amministrazione federale. E anche il conflitto russo-ucraino ha conseguenze molto più pesanti su di noi che non sugli Usa. Le ultime evoluzioni del cambio dipendono ampiamente da ciò, ma poi sullo sfondo ci sono altre questioni. Perché è chiaro che quando quasi un quarto di secolo fa gli europei vararono la moneta unica l'intenzione era quella di sfidare il primato del dollaro; e oggi possiamo dire che quella scommessa è andata perduta. I tedeschi accettarono di accantonare il marco, adottando l'euro, in cambio della promessa che la nuova moneta sarebbe stato un super-marco: solido, affidabile, capace di difendere il proprio potere d'acquisto. Le cose, però, sono andate diversamente. Quanti hanno amministrato l'euro hanno fatto politica monetaria, e quindi hanno dovuto considerare gli interessi in gioco e rispondere a pressioni di vario tipo. Le scelte adottate da Francoforte hanno posto le premesse, al tempo stesso, per un deciso aumento dei prezzi e per quella debolezza della moneta che ora abbiamo sotto gli occhi. Se l'euro non ha scalfito il predominio statunitense in ambito monetario (e anzi ci sono all'orizzonte nuove valute, a partire dal renmimbi cinese), questo si deve soprattutto al fatto che da vari punti di vista l'America resta un'economia capace di reagire di fronte alle crisi e reinventarsi. La gestione del dollaro è stata spesso non troppo dissimile da quella dell'euro, ma l'economia di oltre Atlantico sa superare le difficoltà più agevolmente: grazie a una tassazione più contenuta, una regolazione meno opprimente, una concorrenza tra sistemi caratteristica dell'ordine federale. Per giunta, ci sono grosse nubi all'orizzonte dell'Europa.

Molti Stati tra cui l'Italia spingono per la costruzione di un debito comune europeo (anche sfruttando la circostanza degli aiuti da destinare alla ricostruzione dell'Ucraina), ma c'è una forte resistenza della Germania e di altri Paesi nordici. La costruzione dell'Europa-Stato, che era l'obiettivo implicito nel varo dell'euro, si rivela molto più ardua di quanto non si credesse; e l'attuale debolezza della moneta lo mostra con chiarezza.

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