Decreto Minniti, Forza Italia abbandona la commissione

Massimiliano Scafi

Roma Quattro chiacchiere tra amici, «modi accattivanti», la classica garbata prudenza democristiana. Che simpatici adesso a Palazzo Chigi, ma alla fine, sostiene Renato Brunetta, «Gentiloni e i suoi boys, nonostante l'apparente clima di cortesia, licenziano provvedimenti collocabili nella sinistra-sinistra perché siamo già in vista delle elezioni». E così Forza Italia decide di abbandonare i lavori delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali, dov'è in discussione il decreto Minniti sull'immigrazione. Se ne vanno anche i rappresentati di Sinistra Italiana. «Siamo contrari alla giustizia su base etnica», dicono Celeste Costantino e Daniele Farina.

Gli azzurri si sentono presi in giro. «Noi non ci facciamo certo turlupinare dalla maggioranza - spiega Francesco Paolo Sisto - . I modi suadenti del governo sono irritanti. Il decreto è stato volutamente tenuto al Senato tutto il tempo necessario perché arrivasse alla Camera pochi minuti prima della scadenza del termine per la sua conversione in legge. Questi giochetti degni di miglior causa, su temi così delicati, mortificano il Parlamento e la democrazia». In queste condizioni, insiste il capogruppo Foza Italia agli Affari Costituzionali, non c'è spazio per un dibattito e un confronto d'idee: «Le ragioni delle opposizioni sono destinate ad essere cestinate il più rapidamente possibile. Il credito del governo Gentiloni è finito».

Che è successo? «È successo che ormai siamo già in campagna elettorale», risponde Brunetta. Secondo Fi, il decreto Minniti serve quindi al Pd per rastrellare voti. «Basti ricordare i voucher, i giudici in politica, il testamento biologico, e ora, nel metodo e nel merito, il testo sull'immigrazione. L'evidente tentativo elettoralistico di recuperare a sinistra nella sua palese ipocrisia - conclude il presidente dei deputati forzisti - sarà da noi contrastato fermamente, e in ogni attimo parlamentare possibile». Critiche simili arrivano pure da Si.

«I dispositivi andavano cambiati ma se ne è negata a priori la possibilità. Noi abbiamo lasciato le commissioni per mettere fine a un rito non democratico su un decreto blindato, inemendabile, intoccabile e su cui il governo metterà la fiducia la prossima settimana».

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