Non è facile amministrare il debito pubblico con un governo che non gode della simpatia dei mercati. Il meccanismo è noto. Se gli investitori non credono nella solidità di un Paese o mettono in dubbio le scelte di un governo, i rendimenti dei titoli di stato aumentano. È esattamente quello che è successo nell'ultimo anno in Italia.
Lo sanno tutti, ma adesso pare che lo ammetta anche il governo. Seminascosto in un paragrafo del Def dedicato alla «sensitività dei tassi di interesse» si spiega che «le vicende politiche che hanno caratterizzato la formazione del governo italiano dopo le elezioni nazionali del 4 marzo 2018 nonché l'elaborazione del programma del nuovo governo, hanno dato luogo a forti tensioni sul mercato dei titoli di Stato con conseguente allargamento del differenziale di rendimento rispetto ai principali paesi della zona euro».
Tradotto, lo spread si è impennato a causa dello scontro tra Cinque stelle e Lega. E poi, di nuovo, quando i due partiti hanno trovato un'intesa e si sono messi a scrivere il programma.
In tempi più recenti il Def osserva come i rendimenti dei titoli di Stato «ancorché elevati in rapporto ai dati di fondo dell'economia italiana, sono sensibilmente diminuiti rispetto ai mesi finali del 2018». E per il futuro è «plausibile» una discesa.
Peccato che la spesa per interessi aumenti. E di molto. Dai quasi 65 miliardi all'anno del 2018 si passerà a 66 il prossimo anno e a 73,7 nel 2022. Sono 8,7 miliardi all'anno che si aggiungono al conto già salatissimo che grava sui conti pubblici, negando ai governi margini di spesa pubblica per servizi e investimenti. L'aumento è l'effetto dell'aumento del debito pubblico. Difficile una inversione di tendenza in queste condizioni.
Dalla presentazione del Def, il ministero dell'Economia si è concentrato nel cercare qualche forma di copertura per le misure che la Lega di Matteo Salvini e i Cinquestelle di Luigi Di Maio vogliono portare nella legge di Bilancio. In primo luogo la flat tax.
Ieri il ministro Giovanni Tria ha ribadito che «bisogna mantenere la progressività». Per finanziarla ha escluso la patrimoniale. «Non c'è alcun rischio, sono contrario concettualmente perché colpirebbe al cuore i risparmi degli italiani e avrebbe un impatto distruttivo sulla crescita».
Pronta la risposta di Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia: l'impatto distruttivo si sta già sperimentando «da otto anni a causa» di Imu-Tasi, «ma nessuno interviene».
Tria ha parlato anche della crescita e ha ammesso che l'obiettivo, modestissimo, inserito nel Def potrebbe non essere a portata di mano. «Quest'anno stimiamo una crescita dello 0,2%, questo implica una crescita sostenuta già nel secondo semestre dell'anno altrimenti non si può raggiungere questo livello».
Secondo Mazziero research, citato ieri dal Giornale, serve un trimestre a 0,3% e un altro allo 0,2%. Obiettivo difficile da raggiungere.
Con una bassa crescita anche la gestione del debito diventa complicata.
«Perché il debito pubblico sia sostenibile, la condizione è che il tasso di crescita del Pil sia maggiore dei tassi d'interesse sul debito. L'Italia è l'unico paese in Europa dove questa condizione non è rispettata», spiega Emanuele Canegrati, senior analyst di BPPrime.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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