È lo scenario che nessuno vuole evocare nemmeno come possibilità remota. Solo che questa volta è spuntato fuori qualche giorno fa da una fonte (a quanto pare autorevolissima) della Commissione europea ed è quindi più difficile ignorarlo.
Tra i possibili esiti della prima sessione di bilancio del governo gialloverde c'è anche il default dello Stato. Un fallimento che avrebbe una scelta ristretta di vie d'uscita. Cure da cavallo più dolorose di quelle inflitte a Grecia e Cipro, per non parlare di quelle omeopatiche somministrate a Spagna e Portogallo.
Le tappe ufficiali del Documento di economia e finanza aggiornato dal governo Conte sono note. La nota di aggiornamento è stata approvata il 27 settembre e la principale novità è lo sforamento del rapporto deficit Pil nel 2019 fino al 2,4%. La Commissione europea ha subito respinto al mittente le modifiche, primo passo di un percorso che può portare a una procedura di infrazione.
I tempi europei sono lunghi, ma i guai potrebbero arrivare prima. L'11 ottobre, con un giorno di ritardo, la nota di aggiornamento arriverà in Parlamento. Quindi ci sarà il voto sulle risoluzioni. Serve la maggioranza assoluta. Le Camere dovranno decidere il cambiamento dei saldi per il 2019, ma anche per il 2020 e il 2021, con il deficit Pil al 2,1% e 1,8%, come ha osservato ieri Renato Brunetta di Forza Italia.
Poi ci sono gli esami. Quello dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, controllore italiano dei conti, che a quanto pare sarà una bocciatura. Entro la metà del mese la Commissione europea riceverà il Def completo, poi risponderà in due settimane. Il 20 ottobre il Consiglio dei ministri approverà la legge di Bilancio vera e propria ed entro il 30 novembre il governo europeo dovrà formulare un giudizio definitivo. E, nella migliore delle ipotesi, chiedere all'Italia di fare una manovra correttiva.
Migliore delle ipotesi perché l'orientamento negativo della Commissione, che è già chiaro, potrebbe avere un effetto domino sui mercati finanziari. Ad esempio, tra il 26 ottobre e la fine del mese, portare a un declassamento del rating del debito italiano da parte di Standard & Poor's e Moody's.
Prima conseguenza: la Bce, che è ancora oggi il principale compratore di titoli italiani, potrebbe non essere più in grado di sostenere il nostro debito. Poi gli investitori internazionali potrebbero decidere di non acquistare titoli italiani rendendo problematiche le prossime aste di Btp.
Sarebbe questo l'innesco di una crisi di liquidità che comprometterebbe per lo Stato italiano sostenere l'ordinaria amministrazione.
Scenario che dovrebbe portare all'intervento dell'Esm, il meccanismo salva stati europeo. Peccato che secondo una indiscrezione proveniente dalla Commissione Ue e riportata dalla Reuters nei giorni scorsi, l'Italia non può essere salvata con strumenti ordinari. Servirebbe quindi l'intervento della Troika vera e propria, un prestito del Fondo monetario internazionale. Cura da cavallo che conosciamo dall'esempio greco e, ancora di più, cipriota. Ristrutturazione del debito, con scadenze lunghe.
Salvataggio a spese dei cittadini, che potrebbero vedersi limitare il ritiro dei contanti dalle banche, decurtare i risparmi e gli stipendi. Un tempo eravamo troppo grandi per fallire. Oggi, a quanto pare, siamo troppo grandi per essere salvati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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