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Delitto Khashoggi, il perdono sospetto dei figli. Ma la fidanzata: non mi fermo, voglio giustizia

La famiglia ottiene un risarcimento e i killer possono evitare la pena di morte

Delitto Khashoggi, il perdono sospetto dei figli. Ma la fidanzata: non mi fermo, voglio giustizia

Beirut Jamal Khashoggi è morto un anno e mezzo fa ma non ha ancora pace. La famiglia del giornalista saudita, ucciso e fatto a pezzi il 2 ottobre 2018 nel consolato a Istanbul, ha dichiarato in un tweet di «perdonare» i suoi assassini. «Noi, figli del martire Jamal Khashoggi, annunciamo il perdono nei confronti di chi ha ucciso nostro padre, che sia in pace, con la speranza di ricevere una ricompensa da Dio misericordioso», ha scritto il figlio maggiore, Salah. «In questa notte benedetta del mese benedetto del Ramadan, ricordiamo il detto di Dio: se una persona perdona e si riconcilia, la sua ricompensa è dovuta da Allah».

Ma non è così semplice. La fidanzata dell'editorialista del Washington Post, Hatice Cengiz, ha replicato con durezza: «Nessuno ha il diritto di perdonare gli assassini. La trappola che gli hanno teso e l'atroce omicidio non possono andare in prescrizione. Non ci fermeremo fino a quando non verrà fatta giustizia». Quel giorno Hatice aveva atteso per ore che il fidanzato uscisse dal consolato: «Jamal è stato ucciso mentre otteneva i documenti per il nostro matrimonio. Gli assassini sono arrivati dall'Arabia Saudita con premeditazione per attirarlo in un agguato». Gli investigatori ritengono che Khashoggi sia stato assassinato e smembrato mentre la fidanzata aspettava fuori, ma i suoi resti non sono mai stati recuperati. A renderlo sgradito, gli editoriali sul Washington Post critici sulle politiche del principe ereditario Mohammad bin Salman.

È difficile perdonare, soprattutto se questo significa far uscire di galera gli assassini. In base alla legge saudita, le famiglie delle vittime di omicidio possono decidere di perdonare i colpevoli, in cambio di un risarcimento in denaro, la «diyah», e la pena può essere commutata in una minore. Nel dicembre 2019, cinque uomini sono stati condannati a morte, altri tre alla pena di 24 anni. Il relatore speciale dell'Onu sulle uccisioni extragiudiziali, Agnes Callamard, ha definito il processo «l'antitesi della giustizia» e ha dichiarato che l'uccisione era molto probabilmente un piano premeditato.

Il Washington Post l'anno scorso ha pubblicato la notizia secondo cui i figli di Khashoggi hanno ricevuto case da un milione di dollari e pagamenti a cinque cifre come compensazione per l'uccisione. Ma Salah, banchiere a Gedda, ha anche affermato che oppositori hanno tentato di sfruttare la morte del padre per minare la leadership del Paese. Il principe ha negato qualsiasi coinvolgimento nell'omicidio, ma si è assunto «piena responsabilità come leader, perché commesso da individui che lavorano per il governo saudita».

Alcune settimane dopo la morte del giornalista, Salah è apparso di fronte a una telecamera con lo zio mentre ricevevano le condoglianze in persona dal principe e dal re Salman.

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