«Voglio farvi vedere il volto degli assassini politici della mia gente. Quando saremo al governo inaspriremo la legge Severino che è troppo timida per i criminali politici». Genova, 17 febbraio 2018, piena campagna elettorale. Luigi Di Maio, durante un comizio, proietta su uno schermo alcune parte dell'inchiesta di Fanpage sui rifiuti in Campania e, al termine, apostrofa così i figli del governatore Vincenzo De Luca, Roberto (assessore dimissionario a Salerno) e Piero (candidato del Pd). «L'inquinamento nella terra dei fuochi esiste per colpa dei politici del Pd che fanno affari con la criminalità organizzata», conclude il capo politico.
Si tratta della stessa persona che con il Pd, oggi, vorrebbe lavorare a «un contratto (di governo) per un'Italia migliore». C'è da dire che Gigino non è stato nemmeno originale perché cinque anni orsono l'ex senatore pentastellato Bartolomeo Pepe, successivamente espulso, ebbe a dire dei dem a trazione bersaniana: «Con gli assassini non faccio nessun accordo perché li considero autori della strage e del genocidio che sta avvenendo in questi ultimi anni in Campania: per me Chávez è un modello, non Bersani». D'altronde, l'inventiva non pare essere la miglior dote di Di Maio. «Il Pd è impresentabile per sua stessa natura» (19 febbraio 2018). «Renzi è il capo degli impresentabili» (24 febbraio 2018). «Il Pd è un ex partito». Sono tutte delicatezze verbali che il giovane statista di Pomigliano d'Arco con un passato da steward allo Stadio San Paolo ha mutuato dal leader supremo e garante del Movimento Beppe Grillo. Ecco alcune carinerie. «Il Pd è il partito preferito dalla camorra» (14 gennaio 2016). «Il Pd? Tutti collusi. Tutti complici. Con le mani sporche di petrolio e denaro» (31 marzo 2016). «Renzi è un minorato morale» (18 maggio 2016). «Il Pd ha gestito Roma per anni con Mafia Capitale» (9 maggio 2017).
Un frasario repentinamente introiettato da Di Maio. «Noi abbiamo restituito oltre 23 milioni di euro, loro hanno intascato oltre 40 milioni di finanziamenti pubblici in questa legislatura, hanno ricevuto 9 milioni di euro non si sa da chi e si sono tenuti pure i soldi sporchi di Buzzi», scrisse su Facebook il 14 febbraio. Idee veicolate anche dalla candidata governatrice laziale Roberta Lombardi («Il Pd prendeva soldi da Mafia Capitale», 5 febbraio 2018). Per la cronaca, Lombardi sta garantendo il bis al governatore pd Zingaretti.
Insomma, tutte testimonianze di grande affetto tra i potenziali alleati di oggi. Come sottolinea il capopopolo Alessandro Di Battista. «Il Pd è un punto di riferimento del crimine» (5 febbraio 2018). «Il Pd è una banca, e come alcune banche gestisce in modo torbido i nostri soldi e piazza prodotti tossici come il Jobs Act e queste riforme costituzionali» (28 ottobre 2016). E che dire del dolce stil novo con il quale la senatrice Paola Taverna salutò le riforme costituzionali? «Mafiosi, schifosi, siete delle merde, ve ne dovete andare, dovete morire» (31 luglio 2015). Il 13 ottobre 2015 il capogruppo al Senato, Luigi Castaldi, aggiunse un'ulteriore postilla. «Avete demolito la carta costituzionale con la vostra superficialità e con una prepotenza autoritaria sulla base di indicibili accordi massonici», dichiarò in Aula e il ministro Boschi fu colta a mormorare: «Massone lo dici a tua sorella!». Oggi Taverna risponde candidamente: «Oggi stiamo proponendo un contratto, con il Pd non mi ci devo fidanzare».
E chissà cosa penseranno in questi giorni gli animatori della pagina del «Club Luigi Di Maio» su Facebook che un tempo postava la foto di un maiale accostata al deputato democratico Emanuele Fiano, di religione ebraica.
Ai tempi della Prima Repubblica la sigla finale di Avanzi recitava «Se io ti amo e tu mi ami veramente la nostra storia non è molto interessante, se invece ti detesto e neanche tu mi ami vieni e sarem la coalizione di domani». Profetico.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.