Il "democratico" governo romeno massacra i manifestanti: 440 feriti

In 50mila protestavano per la cacciata della giudice anticorruzione

Il "democratico" governo romeno massacra i manifestanti: 440 feriti

Quando li hanno contati (all'ingrosso, naturalmente) gli stessi dirigenti dei servizi romeni di sicurezza interna eredi della famigerata Securitate della buonanima di Nicolae Ceausescu, il dittatore - hanno dovuto ammettere che erano almeno cinquantamila. Settemila dei quali erano partiti apposta per Bucarest da Germania, Italia e Spagna, per cantargliele chiare, a quelli del governo, protestando in piazza per il licenziamento, avallato dalla Corte Costituzionale, della procuratrice anticorruzione Laura Codruta Kovesi, simbolo della lotta alle tangenti. Una mossa, quella del governo, vissuta dalla folla come un tentativo di tacitare le indagini sul verminaio che la Kovesi stava scoperchiando. È finita a mazzate, naturalmente, con la polizia che ha fatto largo uso di spray urticanti e lacrimogeni, con ampio corredo di manganellate per i più riottosi. Scontri violenti, con lanci di pietre e bottiglie da parte della folla cui ha fatto seguito quella che lo stesso presidente della Repubblica, Klaus Iohannis, ha definito «una reazione sproporzionata». Parole che la piazza ha letto come una sorta di incoraggiamento, ripromettendosi di ritrovarsi nuovamente in piazza ieri sera. Con l'obiettivo, esplicitamente espresso, di far saltare il banco del governo infiammando uno scontro istituzionale che cova da mesi sotto la cenere.

Il «raduno» era stato organizzato accuratamente via internet tra i romeni residenti all'estero, che una stima della Banca Mondiale calcola fra i 3 e i 5 milioni. «Migranti» economici, per lo più, costretti a lasciare un Paese che a dispetto delle sue potenzialità economiche è impiombato da un sistema di governo basato sulla corruzione e dalla mancanza di opportunità soprattutto per i giovani provvisti di un titolo di studio medio-alto. «Ladri, banditi, dimissioni», scandivano i cinquantamila contro l'esecutivo socialdemocratico della signora Viorica Dancila, che nei mesi scorsi si era già guadagnata una vasta impopolarità per la sua espressa volontà (presa ovviamente per ingraziarsi «the Donald», ovvero il presidente Usa) di spostare a Gerusalemme l'ambasciata romena in Israele. Come ha fatto Donald Trump, appunto. La manifestazione di venerdì aveva tutti i connotati per svolgersi pacificamente, fino a quando un paio di dozzine di black bloc (infiltrati appositamente per creare il «caso», sostengono i manifestanti) hanno tentato di sfondare i cordoni di sicurezza. Una provocazione, se così si scoprirà, riuscita perfettamente, con 440 tra feriti e contusi per la violenza degli agenti o per aver inalato gas, mentre 23 poliziotti sono rimasti feriti dal lancio di pietre e bottiglie.

Le proteste popolari sembrano ora destinate ad acuire il braccio di ferro istituzionale in atto dalla tarda primavera, quando il ministro della Giustizia del governo Dancila, Tudorel Toader, licenziò la procuratrice anticorruzione Kovesi, più volte elogiata dall'Unione Europea per il suo lavoro.

La cacciata della procuratrice, e i ripetuti tentativi di indebolire la magistratura degli ultimi mesi fanno seguito alle proteste esplose nell'inverno dello scorso anno, quando l'allora governo capitanato da un altro socialdemocratico, tal Grindeanu, aveva propugnato una legge che prevedeva la depenalizzazione dell'abuso d'ufficio e di altri reati legati alla corruzione. Le proteste di duecentomila romeni portarono allora al ritiro delle leggi e alla sfiducia del premier. Ora va in scena il secondo atto del dramma.

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