«V oglio fare fuori dalla magistratura quello che facevo dentro la magistratura, quando avevo cariche ufficiali. Rispondere alle istanze dei cittadini è quello che mi piace di più». Diventare deputato è la nuova missione di Luca Palamara, che di vite ne ha avute più d'una, ma non si ferma neppure dopo la radiazione dall'ordine, confermata in Cassazione e in attesa del processo per corruzione a Perugia.
«Stamattina (ieri, ndr) ho riposto la mia toga nell'armadio - dice- con la certezza di poterla indossare ancora alla fine di un percorso che sarà lungo, ma che ristabilirà la verità».
Si candiderà «da libero cittadino» alle elezioni politiche suppletive nel collegio Roma-Primavalle, lasciato libero dalla deputata Cinquestelle Emanuela Del Re, nominata rappresentante Ue per il Sahel. Palamara l'annuncia nella sede del Partito Radicale, presentando il suo simbolo con la dea Giustizia che regge la bilancia e vicino un hashtag tricolore. «Non ho preclusioni - precisa - e non sono né di destra, né di sinistra».
Questa è stata sempre la sua forza, quella di stare al centro, di mediare, leader della corrente di Unità per la Costituzione, che per anni si è alleata con la sinistra di Area e poi ha virato verso la moderata Magistratura indipendente, scatenando lo scandalo sulle nomine al Csm che ha travolto il mondo giudiziario.
Ora Palamara vuol fare lo stesso in politica, correndo da solo per un posto in parlamento, slegato dai partiti. La sua candidatura, sottolinea, «non è calata dall'alto, ma viene dal basso». Nel senso che in questi mesi, in cui si è ritrovato a contatto con la gente come autore di un bestseller, Il Sistema, scritto con Alessandro Sallusti, ha scoperto che «tanti cittadini mi chiedono di non fermarmi e mi interrogano sui temi della giustizia». Se viene considerato un esperto di giustizia, ha ragionato, e non può più esserlo in magistratura, l'alternativa è la politica. Una mossa che crea qualche malumore, come sintetizza l'azzurro Maurizio Gasparri: «Ovviamente non sarà eletto. Cerca solo protagonismo».
Insomma, dice di aver sentito un richiamo all'impegno sul fronte della riforma della giustizia, in particolare, quello che meglio conosce per vita vissuta. «Ho deciso di candidarmi - spiega l'ex magistrato - per dare più forza al mio racconto, per incoraggiare un cambiamento reale e appoggiare la battaglia per il referendum, nell'interesse dei cittadini che hanno sete di giustizia». I referendum promossi dai Radicali e dalla Lega lui li firma, tutti tranne quello sulla responsabilità civile dei magistrati. «Non lo firmo perché non voglio una magistratura difensiva, ma che rispetti le regole, questo è l'aspetto più importante. Per questo dico: discutiamone».
Sul fronte personale, quello dell'espulsione appena confermata dalle Sezioni Unite della Cassazione e quello del processo che dovrà affrontare a Perugia, Palamara dice di portare avanti una «battaglia di verità», di non volere «vendetta», ma solo ristabilire i fatti. «Mai ho compiuto atti contrari ai miei doveri d'ufficio», ripete. Ha fiducia nel tempo.
«Tutte le sentenze si rispettano e io rispetto anche l'ultima della Cassazione. È una decisione che ritengo ingiusta, anche per il tempismo con cui è arrivata», commenta.
Il 25 novembre è fissata la prima udienza pubblica del processo per corruzione a Perugia e lui potrebbe arrivarci da deputato, anche se questo non cambierà l'iter ordinario.
L'ex pm di Roma, ex consigliere del Csm ed ex presidente dell'Anm promette: «Parteciperò a tutte le udienze, rispettando i miei giudici. Nessuno mi silenzierà, mi difenderò nel processo».
Ora Palamara inizierà la raccolta delle 250 firme necessarie alla candidatura e poi partirà
la sua campagna elettorale, per farsi conoscere sul territorio. «Roma deve riabilitarsi, a partire dalle realtà più periferiche. Una delle mie ambizioni riguarda l'educazione alla legalità». È già un abbozzo di programma.
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