Andrea AcquaroneChiedeva di essere dimenticato. Sperava che l'orrore commesso 25 anni fa finisse nel limbo. Finto timido ma guascone, ritroso eppure spavaldo, Pietro Maso, non riesce proprio a sparire. Anzi, risulta sempre più difficile credere a una sua «redenzione».Era la sera del 17 aprile 1991, quando diciannovenne, massacrò a Montecchia di Crosara (Verona) i genitori. Antonio e Rosa erano appena rientrati nella loro villetta dopo aver partecipato a un incontro di preghiera in parrocchia. Se lo trovarono alle spalle. Pronto a scannarli. Con lui tre amici, uno minorenne. Fu un massacro, nel buio dell'ingresso, camuffati con maschere da Carnevale, armati con un bloccasterzo e delle padelle, fecero scempio. Un caso che le due sorelle scampassero. Il piano prevedeva anche la loro eliminazione.Da quasi tre anni Maso, oggi quarantaquattrenne, è un uomo libero. Il conto con la giustizia lo ha finito di scontare, tipicamente all'italiana, con largo anticipo: avrebbero dovuto essere 30 anni di galera, ne ha scontati per davvero solo diciassette. Dal 2008 era semilibero, dal 2013 lo è del tutto. Anche di poter tornare a far male. A dispetto del pentimenti dichiarati quando era dietro le sbarre; delle ireniche interviste una volta fuori. Buoni propositi di cui l'inquietante baluginio dei suoi occhi lascerebbe dubitare. Oggi più di prima.I carabinieri, per primi, non si fidano, di questo ex ragazzo assassino diventato uomo stando in cella. Tanto da aver deciso di mettere sotto protezione le sue due sorelle. Pietro le minaccia. I militari temono che potrebbe agire. Forse uccidere ancora. Il suo percorso di riscatto potrebbe essersi interrotto, il passato sembra ora riaffacciarsi prepotente, come una belva violenta impossibile da domare. «Il male ero io», ha scritto in un libro firmato nel 2013 con una giornalista. E in una recente intervista a «Chi» raccontava fiero: «Papa Francesco ha avuto compassione di me. Gli ho scritto una lettera che gli è stata consegnata dal mio padre spirituale, monsignor Guido Todeschini. E dopo pochi giorni il Pontefice mi ha telefonato. Lui e don Guido sono persone sante». Delle proprie sorelle, Nadia e Laura, fino a qualche mese fa diceva: «Se uno avesse ucciso i miei genitori non gli avrei più parlato e non so come facciano loro, faccio fatica io a perdonarmi...». Già, loro ci erano riuscite parecchi anni fa, una scelta d'amore giunta non senza lacerazioni, dolore, tormenti. Ma lo scorso gennaio si erano dovute ricredere. Dal 21 di quel mese loro fratello risulta, infatti, iscritto nel registro degli indagati. Stavolta con l'accusa di tentata estorsione. Lo avevano denunciato Nadia e Laura. Una delle due aveva ricevuto per errore un sms scritto da Pietro ma destinato ad un ex amico che gli aveva prestato del denaro, sembra 25mila euro: «Adesso pensaci bene, domani ti chiamo, e se rispondi bene e fai quello che devi fare, o vengo lì e ti stacco quella testa di c... che hai», il «gentile» invito di Maso.I militari da quel momento hanno ricominciato a tenerlo d'occhio. E adesso ecco spuntare l'ultimo, agghiacciante, capitolo. In un paio di telefonate Maso sarebbe uscito allo scoperto svelando il mostro che probabilmente non è mai riuscito - o ha voluto?- sconfiggere.«Le mie sorelle? Su di loro devo finire il lavoro di 25 anni fa...». Parole e frasi dette con parole diverse, ma identici risulterebbero significato e tono delle due chiamate ascoltate dagli investigatori.
Minacce ritenute «gravi e fondate», tanto da indurre i carabinieri di San Bonifacio, martedì mattina, a intensificare quel servizio di protezione a cui Nadia e Laura, che gestiscono insieme un negozio di prodotti erboristici a Caldiero, erano sottoposte da inizio febbraio. L'incubo è tornato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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