Dietro la morte di Luana il macchinario manomesso

Quadro elettrico modificato per far funzionare l'impianto. Il gesto è costato la vita alla ragazza

Dietro la morte di Luana il macchinario manomesso

La ragazza muore a 22 anni per un incidente sul lavoro. Luana D'Orazio è stata stritolata dal macchinario al quale lavorava in una ditta tessile vicino a Prato.

Una distrazione? Forse, ma di certo è che per evitare interruzioni e velocizzare la produzione, i due orditoi, a cui era addetta, sono stati manomessi, estromettendo gli apparati di sicurezza.

La vicenda ricorda un po' la tragedia del Mottarone: per risparmiare, per non fare le necessarie manutenzioni si preferisce mettere in secondo piano la sicurezza e così aumentare il profitto. Ora, c'è poco da discutere sul cinismo di chi ha la responsabilità di gestire impianti, strutture produttive.

Ma la storia della ragazza di Prato, ammazzata mentre lavorava, è diversa dagli incidenti provocati dalla cattiva o assente manutenzione degli impianti come quelli della funivia del Mottarone, cosa, peraltro, che dovrebbe far suonare un campanello d'allarme: per esempio, le strutture che sono rimaste ferme a lungo per la pandemia come le giostre, come i mezzi di trasporto - autobus, traghetti - verranno sottoposti a verifica o ripartiranno come se niente fosse?

È diversa la storia della ragazza di Prato perché ripropone sempre il solito dramma delle morti sul lavoro: più di una al giorno. E quando il numero è così elevato, significa che questi omicidi non sono il frutto del caso ma di una realtà che sistematicamente non la vuole vedere chi dovrebbe interessarsene, cioè il sindacato. Non dovrebbe essere lui, in prima linea, a tutelare i lavoratori? Si butta subito la croce addosso all'imprenditore, alle sue furbizie per risparmiare e aumentare i fatturati: colpevole certo, ma quanto è difficile tenere in piedi un'azienda superando gli infiniti vincoli burocratici, gestionali? Sembra ormai che fare impresa sia una cosa da criminali. Almeno sulla sicurezza i sindacati non potrebbero collaborare con gli imprenditori?

Ma in Italia la sicurezza sul lavoro è sempre finita in secondo piano rispetto alla produzione, al numero degli operai da impiegare, al salario. Si veda quello che è successo al petrolchimico di porto Marghera a Venezia o all'Ilva di Taranto: esempi clamorosi in cui non si è pensato di tutelare i lavoratori, perché si è data la precedenza ai contratti salariali. Non si è difeso il lavoratore, ma il lavoro; non c'è stata attenzione per le persone, ma per un'entità astratta, il lavoro.

In un Paese super sindacalizzato come il nostro, come mai è possibile questa falcidia di persone che vengono uccise perché lavorano? La risposta è semplice: le organizzazioni sindacali non pensano che il lavoro sia fatto da persone da tutelare, ma sia un luogo politico da usare nello scontro politico. Capitale e operai: questa è la grande contesa ideologica che interessa alla sinistra e ai sindacati.

Bastava poco per salvare Luana e le

tante persone come lei morte per lavorare, bastava pensare che la vita delle persone è più importante dell'organizzazione dei lavoratori, che è doverosa la sicurezza e che il lavoro è dignitoso se non si muore per lavorare

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