La disavventura di un Papa come tutti noi. "Scusate il ritardo, ero chiuso in ascensore"

Bergoglio «confessa» all'Angelus il piccolo incidente. E ringrazia i pompieri

La disavventura di un Papa come tutti noi. "Scusate il ritardo, ero chiuso in ascensore"

Piazza San Pietro, ieri, ore 11.45. Oh, cielo. «Il Papa è chiuso in ascensore». «È chiuso in ascensore? Sua Santità?» «Oddio, Avete chiamato i pompieri?» «Sì, li abbiamo chiamati». Mica pompieri qualsiasi, i Vigili del fuoco del Vaticano, corpo glorioso e perfettamente bardato fin dai tempi dello Stato pontificio, almeno dal 1820 (dicono le cronache pittoriche, che già da allora documentano questi angeli del salvataggio, elegantissimi e coraggiosissimi). «E stanno arrivando?» E certo che stanno arrivando, ci mancherebbe. «Hanno la centrale qui a due passi, nel cortile del Belvedere... Non possono metterci molto. Sua Santità, poi, parliamo di Sua Santità».

Piazza San Pietro, ieri, ore 12.10. «Ah, eccolo». Il Papa appare alla finestra del terzo piano, quella dalla quale, di solito, si affaccia per l'Angelus. «Vedi che c'è? Te l'avevo detto». «Tu subito a pensare chissà che cosa, chissà dove sarà finito...». Era finito, cioè rimasto, nell'ascensore. Lo ha detto lui stesso, all'inizio dell'Angelus, scusandosi per il ritardo: «C'è stato un incidente». Piccolo, per carità. «Sono rimasto chiuso nell'ascensore per venticinque minuti. C'è stato un calo di tensione e si è fermato l'ascensore». Il caldo colpisce tutti, anche i cavi elettrici del Vaticano. Il caldo - non a caso, forse, durante l'Angelus Francesco parla di clima... - non ha pietà neanche dell'«ascensoretto di Sisto V», l'ascensore privato che, dal cortile dedicato al Papa che fu, porta alle stanze papali (dove Francesco non abita) e, appunto, alla «finestra dell'Angelus», al terzo piano.

E in quei venticinque minuti che cosa è successo? La calma papale non rende conto della concitazione nel Palazzo apostolico. I Vigili del fuoco, per esempio. Va bene, sono abituati. Va bene, è il loro lavoro. Ma capite, nell'ascensore, in quel momento c'è il Papa. Un Papa che stringe la mano all'operaio, che risponde al telefono agli sconosciuti, certo, e che però è pur sempre il Sommo Pontefice. Per venticinque minuti, con un calo di tensione e una tensione altissima, il Vigile del fuoco vorrebbe imprecare. Contro l'ascensore, i cavi, la temperatura, il governo ladro e sì, dai, anche il cielo... Eh no, contro il cielo proprio non si può. Per la verità, non si può neanche imprecare. «Santa Barbara, 'sta corrente non torna». «Eh già, perbacco». «Acciderboli, che imprevisto». «E mo' che caspiterina facciamo?». «Hai detto aspirina? A Sua Santità serve un'aspirina?».

No, a Sua Santità serve un ventaglio. Capite, altro che surriscaldamento, nell'ascensore a Roma, a mezzogiorno, che sarà anche il primo di settembre ma sembra ancora luglio, con tutti i paramenti del caso... Speriamo che Francesco si sia fatto un po' aria con la sottana, almeno. E che i Vigili siano riusciti a sfogarsi sotto la doccia insonorizzata, dopo. Tutto è bene quel che finisce bene, anche in Vaticano.

Il Papa rassicura i fedeli sull'operazione di salvataggio: «Grazie a Dio - e a chi se no?, un senso dell'umorismo strepitoso, per un uomo di 82 anni rimasto bloccato nell'ascensoretto - sono venuti i Vigili del fuoco e, dopo venticinque minuti, sono riusciti a farlo andare. Un applauso ai Vigili del fuoco». Santo cielo, che mattinata.

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