Il dispaccio segreto Usa: "Italia in crisi fino al 2025"

Il dossier dell'ex ambasciatore americano a Roma John Phillip inviato a Barack Obama in occasione della visita di Stato di Matteo Renzi

Il dispaccio segreto Usa: "Italia in crisi fino al 2025"

"Di questo passo, l’economia italiana non tornerà ai livelli pre crisi almeno fino al 2025". A dirlo è l'ex ambasciatore americano a Roma John Phillips, un disegno per il futuro del Belpaese che fa apparire nubi nere all'orizzionte. E che allarma - e non poco - i vertici dei dicasteri italiani.

Il rapporto dell'ambasciatore è stato scritto sei mesi fa, il 4 ottobre del 2016. Si tratta di un cable classificato Secret inviato al segretario di Stato John Kerry e dal titolo eloquente: "Italy: Scenesetter for the Official Visit of PM Matteo Renzi, October 18". L'obiettivo dell'ambasciatore, come scrive La Stampa che ha rivelato il documento, serviva alla Casa Bianca per prepararsi alla visita di Stato di Matteo Renzi, quella che è passata alla storia per essere stata l'ultima cena ufficiale della famiglia Obama. Quella dove Renzi aveva incassato l'appoggio dell'ex presidente Usa per sulle riforme costituzionali prima che Obama vennisse cancellato dall'elezione di Donald Trump e Renzi dal risultato del referendum.

Sulle riforme, la posizione dell'ambasciata americana era chiara: "Se approvata - scriveva Phillips - la riforma costituzionale restituirebbe anche all’esecutivo la competenza esclusiva per le grandi infrastrutture, l’energia e altri progetti di sviluppo di interesse nazionale. Sotto il sistema attuale il governo centrale e quelli locali condividono 'competenze concorrenti'. La derivante sovrapposizione burocratica dà a ciascuna autorità locale un potere di veto de facto, che risulta in costi elevati e imprevedibili, e frequenti ritardi per i grandi progetti. Ciò complica i tentativi dell’Italia di attirare investimenti stranieri e aggiornare la rete delle infrastrutture".

Peccato che tutto sia finito per volontà degli italiani nel dimenticatoio. Al di là delle riforme, comunque, il punto che preoccupava maggiormente l'amministrazione Obama era la questione economica. "L’Italia è emersa da tre anni di recessione nel primo trimestre del 2015 - si legge nel documento - ma il Pil rimane oltre nove punti sotto il suo picco pre crisi, e resta ben al di sotto della media europea. Il 27 settembre il governo ha abbassato l’obiettivo di crescita, a causa del significativo apprezzamento dell’euro, la continua assenza di inflazione e l’incertezza globale seguita alla Brexit. Come lascito della crisi finanziaria, Roma ha aumentato il debito pubblico a 2,1 trilioni di euro, cioè il 132% del Pil, un livello secondo solo alla Grecia". Preoccupazione dovuta al fatto che "la capacità fiscale dell’Italia resterà severamente limitata per decenni, incluse nuove spese per la difesa". Punto dolente.

Non manca il campanello d'allarme sulle banche italiane.

Secondo Phillips "le banche sono particolarmente vulnerabili agli shock esterni, perché i loro bilanci sono appesantiti da prestiti non performanti che costituiscono il 17% del totale", anche se pensa che "non ci sono segni di una corsa agli sportelli o crisi di liquidità". Per Phillips infatti "il sistema bancario rimane solido e, con l’eccezione del Monte dei Paschi di Siena, ha fatto meglio di quanto ci si aspettasse negli “stress test” europei".

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