C' è qualcosa di patetico nel pressing disperato e corale che il Pd ha scatenato negli ultimi giorni per cercare di far capire ai propri alleati che i denari del Mes non sono un capriccio, ma una drammatica necessità per un Paese in spaventosa difficoltà.
Pressing orale: ieri, alla rinfusa, sono scesi in campo il ministro della Sanità Speranza e il consigliere di Zingaretti Bettini, il presidente del Parlamento europeo Sassoli e l'ex premier Prodi. Tutti a insistere e spiegare che senza quel prestito sarà un disastro, sia per il sistema sanitario italiano al collasso e sia per l'economia di un paese che, come spiegano anche dal ministero dell'Economia, non può permettersi di stressare i mercati con nuove emissioni di titoli, su cui peraltro si pagano tassi molto più alti di quelli del prestito Ue. Che invece sono, dice Sassoli, «insuperabili» per convenienza.
Ma pressing disperato, perché i Cinque stelle rispondono a pernacchie: «Sono basito da questa insistenza sul Mes, non la comprendo - dice il loro capobanda Vito Crimi, che aggiunge (dimostrando di non comprendere neppure di cosa stia parlando): «Abbiamo la Bce che compra il nostro debito e i 209 miliardi del Recovery Fund. Concentriamoci su questo e non su uno strumento rischioso». Il Pd ha tentato di scuotere Conte, chiedendogli di prendersi la responsabilità di dire a voce alta quel che sussurra nelle telefonate con Nazareno, Commissione Ue, ministri dem eccetera, e spiegare ai suoi grillini che del Mes non si può proprio fare a meno. Ma, osserva sconsolato un dirigente Pd, «come per don Abbondio, chi il coraggio non lo ha non se lo può dare»: il premier fa orecchie da mercante, atterrito dalla spaccatura della maggioranza.
Una parte dei dem sta insistendo, in queste ore, perché finalmente si mettano le carte in tavola in Parlamento: l'idea è quella di presentare mercoledì, quando si dovrà votare l'ennesimo scostamento di bilancio da 25 miliardi, un ordine del giorno che apra con chiarezza all'uso del Mes per la sanità. «E poi vediamo chi lo vota, nella maggioranza e nell'opposizione». Del resto, lo stesso Prodi dice che i voti dell'«europeista» Berlusconi sono benvenuti. E proprio da Forza Italia arriva una proposta analoga a quella di una parte del Pd: «Abbiamo la possibilità di fare un grande piano per la sanità ed è da incoscienti rinunciarvi», dice la parlamentare Vincenza Labriola. «Speranza presenti alle Camere il suo piano per la sanità, inserisca come copertura finanziaria i soldi del Mes e venga in Aula: vediamo chi avrà il coraggio di votare contro».
Ma dal Nazareno è arrivato un precipitoso niet: guai ad aprire sul serio la questione Mes ora. «Aspettiamo settembre e vediamo che succede», è la linea di Zingaretti. Prima le regionali, insomma, poi la sanità. Un freno che sta creando malessere nel partito: «Così è davvero una sconfitta, per il Pd», dice un ex ministro. E il parlamentare Fausto Raciti ammonisce: «Su un tema del genere non possiamo assecondare impuntature e capricci. Suggerirei caldamente al gruppo dirigente Pd di arrivare alla discussione sul Mes con un piano pronto sulla sanità». I renziani incalzano: «Rinunciare al Mes, che ha meno vincoli del Recovery Fund, sarebbe assurdo», dice Maria Elena Boschi.
Ed Emma Bonino è severissima col governo: «La scelta di procedere ad un ulteriore indebitamento di 25 miliardi, senza ricorrere alla linea di credito oggi più economica, dimostra una totale assenza di responsabilità e serietà».
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