Quarantadue anni di battaglie in tribunale per i diritti delle donne. Le ha combattute dopo aver perso la sua, in vacanza in Messico, quando un medico dai modi affabili la invita a seguirlo per un giro di lavoro e la porta invece in un appartamento vuoto, le punta la pistola alla tempia e la violenta. Lei è già madre di una bimba, resta incinta per la seconda volta, e quando decide di abortire dopo lo stupro, rischia di morire per un'emorragia. Non denuncia: «Nessuno mi avrebbe creduto». Da allora Gloria Allred, oggi 76 anni, è l'avvocato che difende le vittime di abusi sessuali. Regina del foro di Los Angeles, è ormai l'attorney più nota d'America, perché per vincere la sua lotta per la parità di genere parla alle tv, indice conferenze stampa, organizza marce e picchetti. Ma soprattutto chiama in causa i potenti: Roman Polanski, O.J. Simpson, Bill Cosby e ora anche Harvey Weinstein e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Questo 8 marzo ha un significato particolare, dopo lo scandalo Weinstein e il movimento #metoo?
«Sì che lo ha. Questo è l'anno della consapevolezza. Come mai prima d'ora, le donne stanno abbandonando la propria paura, hanno deciso di rompere il silenzio, in uno sforzo per fare in modo di portare davanti alla giustizia i predatori sessuali».
È una rivoluzione?
«È insieme una evoluzione e una rivoluzione. Da avvocato ho visto quest'onda crescere negli anni. E ora l'onda è diventata uno tsunami».
Perché proprio adesso?
«Io dico: perché non adesso? La consapevolezza è contagiosa. E molte donne hanno deciso di correre il rischio di parlare per affermare i propri diritti».
Quest'onda non rischia di compromettere i rapporti uomo-donna? Di intimidire anche gli uomini rispettosi verso l'altro sesso? Catherine Deneuve ha difeso il diritto di importunare.
«Se un uomo tratta una donna con rispetto e dignità non ha nulla da temere. Deneuve forse non comprende a pieno: non si tratta di corteggiamento. Ma di tutele, specie sul lavoro, dove migliaia di donne sono molestate sessualmente ogni giorno».
Eppure molte storie d'amore nascono sul lavoro.
«Negli Usa la legge riconosce che il luogo di lavoro è un ambiente che va tutelato. E qui il nodo è l'abuso di potere. Le vittime sono spesso sottoposti, in condizioni economiche più basse, che hanno bisogno di tenere il posto, in attesa di una promozione, che insomma non sono allo stesso livello del molestatore che si approfitta della sua posizione. Sia che si tratti di uomo, sia che si tratti di una donna».
Non siamo di fronte a una crociata contro gli uomini?
«Nessuna crociata. Io sono un avvocato. Non è una questione di uomini o sugli uomini. È una battaglia sulla giustizia e sulla responsabilità».
Non c'è il rischio che gli uomini oggi abbiano paura, timore di farsi avanti?
«Penso che gli uomini abbiano piena libertà ma che libertà vuol dire essere responsabili e fare in modo che, di fronte a un'avance sessuale, le donne possano esprimere o meno il proprio consenso. Chi ha abusato del proprio potere, invece, deve risponderne. E se gli uomini ora vivono nella paura, forse capiranno cosa vuol dire per una donna vivere nella paura. Credo che questo sia un momento istruttivo anche per gli uomini».
Le donne che denunciano i potenti sono forse in cerca di notorietà? E lei?
«Chi usa questi argomenti vuole che le donne, e gli avvocati come me, stiano zitti. Dimostrano di non avere grandi argomenti. E proteggono i predatori, molti dei quali, essendo potenti, parlano come e quando vogliono».
Non esistono donne che mentono o esagerano?
«La maggior parte delle vittime non mente. Ci sono donne che esagerano. Ma ci sono soprattutto uomini che mentono, quando negano, per proteggere la propria carriera».
E le tutele per chi finisce sotto accusa? In alcuni casi, le denunce sono arrivate a distanza di decine di anni.
«La natura delle violenze sessuali fa sì che molte vittime non parlino nel breve termine. Hanno paura di finire sotto accusa o si vergognano e hanno bisogno di tempo per elaborare quello che è successo, perché è spesso molto traumatico».
Per questo si è battuta per cambiare la legge in alcuni Stati americani?
«Sì, l'ho fatto sopratutto per il caso dell'attore Bill Cosby (accusato da centinaia di donne di averle drogate e di aver poi abusato di loro, ndr). E ho fatto in modo di cambiare la legge. In Colorado ho ottenuto che il tempo limite per le denunce di stupro passasse da 10 a 20 anni. In Nevada da 4 a 20. E in California abbiamo avuto il più grande successo: ora non c'è più limite».
In Italia il termine per presentare denuncia è sei mesi.
«Un periodo davvero troppo breve. Che salva i predatori sessuali e ferisce le vittime. Alle quali non si può chiudere in faccia la porta dei tribunali. È una cosa molto ingiusta».
Lei ha appoggiato Hillary Clinton alle presidenziali 2016. Ma la Clinton non rappresenta forse la donna che per mantenere il potere è rimasta al fianco del marito che la tradiva?
«I matrimoni sono complicati e io non critico mai le donne che restano al fianco dei proprio mariti. È una decisione personale nel merito della quale non entro mai».
Ma tentare di portare alla sbarra il presidente Trump, rappresentando l'unica donna che (finora) ha formalizzato le accuse nei suoi confronti, non è fare politica?
«No, seguo quel caso perché penso che la verità conti qualcosa, che le donne contano e che la loro reputazione conta. E il presidente ha definito bugiarde tutte le donne che lo hanno accusato».
È vero che quando abortì, dopo lo stupro che aveva subìto, un'infermiera le disse: «Così imparerai la lezione»?
«Sì, mi disse proprio così».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.