Tra dubbi e blitz umanitari l'Italia si prepara alla Libia

Ieri il summit a Palazzo Chigi. E col futuro governo libico Roma potrebbe diventare "referente di Tripoli"

Tra dubbi e blitz umanitari l'Italia si prepara alla Libia

Si avvicina l'ora di un intervento militare in Libia a guida italiana? Le voci si moltiplicano da settimane, i giornali stranieri già rivelano numeri dei «boots on the ground» e piani di battaglia, la settimana scorsa il britannico Mirror parlava di un'offensiva «entro poche settimane», con 6.000 uomini guidati da Roma.Voci che hanno trovato nuova conferma in due eventi delle ultime 48 ore: la missione «umanitaria» italiana per evacuare un gruppo di reclute libiche ferite nel sanguinoso attentato alla scuola di polizia di Zlitan, e il vertice convocato nelle prime ore di ieri mattina da Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Un vertice ad alto livello (ministro degli Esteri Gentiloni, della Difesa Pinotti, degli Interni Alfano, sottosegretario alla presidenza con delega ai servizi Minniti; e ancora il capo della Polizia Pansa, il capo di stato maggiore Graziano e il direttore del Dis Massolo) con un unico ordine del giorno, la Libia appunto. Poco trapela di ufficiale, se non l'esclusione di un intervento «combat» ormai prossimo. Di certo però, secondo molti osservatori, il blitz di lunedì a Misurata, dove un C130 dell'areonautica militare ha prelevato i 15 militari feriti su richiesta ufficiale del premier incaricato Faiez al Sarraj (che il 28 dicembre scorso era a Roma per incontrare Renzi) è un precedente importante in direzione dell'intervento. Proprio la richiesta avanzata dal governo di unità nazionale libica, che dovrebbe costituirsi verso la fine di gennaio, viene indicata come l'ufficializzazione del fatto che l'Italia costituisce «il principale alleato, o quantomeno il referente internazionale del nuovo premier libico», come scriveva ieri in un'analisi la Stampa. Un ruolo guida del nostro paese, dunque, ma in un quadro internazionale chiaro: «La Libia - sottolinea il presidente Pd della commissione difesa, Nicola Latorre - è sempre più cruciale, non solo per l'Italia. Serve un salto di qualità, evitando iniziative estemporanee da parte di singoli Paesi come accadde nel 2011». La Germania ha già annunciato una possibile missione di addestramento delle forze armate libiche, con l'invio di 150-200 soldati. Corpi speciali britannici, francesi e Usa sarebbero già operativi sul terreno. Mille sarebbero gli uomini già previsti da Londra. Quanto all'Italia, fonti della Difesa parlano di 6.000 militari della coalizione, a guida italiana, a difesa di Tripoli, dopo un accordo con le tribù libiche che dovrebbero garantire una sorta di «cuscinetto» tra militari e milizie Isis, e di forze speciali (Col.Moschin e Comsubmin) a difesa degli impianti petroliferi. Dal governo si minimizza: solo operazioni di sostegno alle milizie del nuovo governo libico, addestramento e formazione, come l'Italia già fa con i peshmerga curdi. «La Libia non è la palestra per esibizioni muscolari», avverte Gentiloni.Anche la tempistica resta incerta: si aspetta che faccia il suo corso il processo politico iniziato il 13 dicembre con la conferenza internazionale di Roma, culminato con la firma di un accordo di pace in Marocco il 17 dicembre. Entro un mese da quella firma, approvata anche da una risoluzione Onu il 23 dicembre, si dovrebbe formare un governo di unità nazionale. I principali paesi che presero parte alla conferenza di Roma dovrebbero tornare a riunirsi alla Farnesina tra una settimana, e già in quella sede si dovrebbe avere qualche segnale sulle mosse future.

Intanto dall'opposizione di centrodestra arriva un invito a Renzi: «Il premier - dice Osvaldo Napoli di Fi - farebbe bene a riferire in Parlamento sul senso della missione compiuta con successo, e a spiegare verso quale tipo di impegno l'Italia si sta preparando in territorio libico. L'eventualità di un impegno militare non può cogliere impreparato il Parlamento».

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