Lo si potrebbe chiamare il ritorno del Cavaliere. Dopo il malore, dopo i giorni dell'angoscia e della fatica, dopo la decisione di passare per la cruna dell'intervento chirurgico. Qualcuno pensava che Silvio Berlusconi fosse ormai fuori gioco, fuori i colonnelli, a corto di notizie, strologavano su un futuro color pece e si litigavano l'eredità, dentro, la suite al sesto piano del Diamante pareva un fortino inespugnabile. Un monastero sorvegliato dai figli del leader, scossi e preoccupati per quel tour estenuante, compiuto alla vigilia del voto in compagnia di Alfio Marchini.
La notte fra il 4 e il 5 il Cavaliere respirava a fatica. Un grave scompenso cardiaco. Ripresentatosi sull'aereo, di ritorno a Milano, domenica pomeriggio. «Ha rischiato di morire», era stata la diagnosi durissima di Alberto Zangrillo, il medico di fiducia.
Sembrava la fine di una stagione, l'addio alla politica e al personaggio pubblico e esuberante che abbiamo conosciuto, arresosi infine al tempo sulla soglia, veneranda per definizione, degli ottant'anni.
Ma non è così. A sera, mentre il solito temporale si rovescia su Milano e Pier Silvio passa per un saluto fugace al padre, Zangrillo, esausto, mangia un tonno scottato al ristorante dell'albergo che ospita i familiari dei pazienti. Il primario di Anestesia, il guru della terapia intensiva, non parla ma la sua faccia parla per lui. È soddisfatto, tutto è andato come doveva andare, ora comincia la risalita. Nella notte il professore diminuirà progressivamente i sedativi, sempre controllando sul monitor i parametri vitali, e piano piano il Cavaliere tornerà padrone di se stesso.
È il primo step. Nel limbo della terapia intensiva, ai confini della vita, il Cavaliere dovrebbe rimanere fino a domani mattina. Poi lo riporteranno in reparto, nella suite al sesto piano del Diamante dove nel giorno della prova si sono radunati il fratello Paolo, la fidanzata Francesca, la senatrice Mariarosaria Rossi. Una settimana, a spanne, poi via col terzo round.
La riabilitazione. Che non si può svolgere a casa, ma solo in un cento specializzato. In teoria anche al San Raffaele, o ad Arco di Trento o in altre strutture adatte. Un paio di settimane in tutto. Esercizi su esercizi. Fisioterapia motoria e respiratoria.
Quindi, incrociando le dita, nel giro di un mese Berlusconi farà il suo ingresso ad Arcore.
Lo stesso Zangrillo, legato all'ex premier da un cordone ombelicale, aveva indicato prima dell'intervento un percorso e un traguardo ambiziosissimo, speculare al dramma evocato nelle ore più buie: «Fra un mese farà quel che gli pare, tornerà come prima, meglio di prima».
Un viaggio di andata e ritorno, dalla vita verso il precipizio e poi indietro, di nuovo verso il metronomo folle e frenetico di prima.
Per carità, forse qualcosa cambierà. I cinque figli, che hanno occupato militarmente la suite dal momento del ricovero il 7 giugno, imporranno un rallentamento, sempre che sia possibile, e selezioneranno i troppi ingressi, le troppe visite, le troppe manifestazioni di affetto.
Ma la strada verso il recupero è imboccata. «Berlusconi - spiegava sempre Zangrillo ai cronisti nei giorni scorsi - non ha avuto un infarto, ma un guasto che la chirurgia può risolvere». Il bisturi di Ottavio Alfieri, che al pomeriggio era di nuovo in sala operatoria per un'altra sfida millimetrica sull'aorta, ha rimediato. Via la valvola logorata, sostituita in corsa con un prodigio biologico di origine animale.
E davanti al tonno, Zangrillo può finalmente lasciarsi sfuggire una frase rassicurante: «Ci sono tutte le premesse per riavere il Berlusconi di prima».Deciderà lui, come sempre, se buttarsi di nuovo nell'arena. E Zangrillo, che lo conosce bene, sa già che il Cavaliere non si ritirerà dietro le quinte.
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