RomaMoniti, preghiere, consigli cortesi, paletti piantati con decisione, ripetuti inviti all'unità. Dentro Forza Italia - alla vigilia di una settimana decisiva in cui la trattativa sul Quirinale si intreccia con il voto sulla legge elettorale al Senato - si moltiplicano gli sforzi per arrivare a una posizione unitaria ed evitare uno strappo tra i sostenitori a oltranza del Patto del Nazareno e coloro che non si fidano e invitano Silvio Berlusconi a diffidare dalle promesse del premier. I primi si ritrovano sotto le insegne del documento preparato da Paolo Romani insieme ad altri dirigenti di primo piano del partito. Un documento - sul quale sono apposte le firme della grande maggioranza dei parlamentari - in cui si ribadisce «a un anno dall'incontro Berlusconi-Renzi, la piena fiducia nel presidente Berlusconi e la lungimiranza di quella scelta che ha riportato Forza Italia al centro della vita politica e dimostrato la sua essenzialità per qualsiasi prospettiva di reale cambiamento e ne ha chiarito, agli occhi dell'opinione pubblica, la natura di movimento riformista e responsabile». Un documento che sconfessa le dichiarazioni dell'ultimo periodo del capogruppo azzurro alla Camera Renato Brunetta.
Sull'altro fronte si muove, invece, la galassia dei «contrari» o dei «ribelli». «È come una partita di poker, il presidente sembra giocare una partita all-in con l'intera posta in un solo colpo, noi proviamo a metterlo in guardia perché dopo il 5 febbraio rischiamo di trovarci con un pugno di mosche» spiega un fittiano. «Bisogna svegliarsi da questa sindrome di Stoccolma». Le regole di ingaggio dei «ribelli» iniziano a delinearsi. L'idea di fondo è chiedere a Berlusconi di anticipare l'incontro con i gruppi a martedì e provare a stringere i bulloni dei gruppi parlamentari (possibile che si tengano incontri separati alla Camera e al Senato). Martedì, infatti, si dovrebbe votare sul premio di lista o di coalizione. «Se passa il premio alla lista» spiegano da Palazzo Madama «noi voteremo contro il provvedimento. Non ci si può chiedere di votare una legge che tutela i partitini e consente al Pd di vincere anche quando non vince». Alta l'attenzione anche sulla clausola di salvaguardia che dovrebbe assicurare la tenuta della legislatura. I numeri su cui i ribelli dicono di poter contare si attestano sui 20-25 al Senato. Sull'altro fronte c'è, invece, la convinzione che non si vada oltre «quota 12» al Senato.
L'altro braccio di ferro è quello per la sospensione dell'iter delle riforme e la loro ripresa dopo l'elezione del nuovo Capo dello Stato. Renato Brunetta è tornato a perorare questa tesi, chiedendo sostanzialmente che si proceda sulla base di un «do ut des».
«Se invece Renzi forzerà la mano sul calendario, la scelta avverrebbe in un clima di tensione drammatica». Una linea su cui non tutti sono d'accordo. Anche perché, spiegano «questi sono solo passaggi parlamentari, non l'approvazione definitiva».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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