E intanto al Salone del libro polemica per l'Arabia saudita, ospite nel 2016

A far partire, con sarcasmo, la polemica è stato ieri sera il fondatore del Salone del libro di Torino, Angelo Pezzana: «L'Arabia Saudita ospite dell'edizione 2016? Ottima idea. Così tutti potranno conoscere da vicino il codice civile di quel Paese». E, probabilmente, non sarà l'unico ad avere qualcosa da dire sull'idea di mettere al centro della prossima edizione l'editoria di Riad. L'Arabia Saudita non è proprio una palestra di libero dibattito culturale. I diritti civili delle donne sono ridotti al lumicino, l'omosessualità è un reato e l'unica religione ammessa è quella islamica. «È per questo motivo - ha aggiunto Pezzana - che sarebbe istruttivo far conoscere da vicino anche al pubblico italiano qual è la vita quotidiana in Arabia Saudita. Suggerirei di proseguire con l'Iran e con la Turchia...». Nella conferenza stampa di annuncio della scelta del Paese ospite però il presidente del Salone, Rolando Picchioni, ha parlato dell'Arabia come di uno «dei Paesi più ricchi di proposte e fermenti culturali del Medioriente». Anzi, ha spiegato che nei prossimi anni si proseguirà con altre nazioni lungo la «via della seta». Secondo lui «Il Salone non può e non vuole fare l'esame del dna ai Paesi ospiti. In quel caso cesseremmo rapidamente di essere luogo e occasione di incontro e scambio tra culture». Ma il paradosso è che una palestra del confronto di idee potrebbe diventare cassa di risonanza per regimi autoritari. Meno netto è stato il direttore del Salone Ernesto Ferrero che ha spiegato all'Ansa: «Non è partita da noi la scelta di ospitare l'Arabia Saudita.

Le scelte sono spesso frutto di richieste e quando ne arrivano di questo tipo hai due vie: o tiri giù la saracinesca o cerchi di avviare un dialogo... questo non vuol dire che ci si voglia appiattire sul Paese ospite». Sarà, ma intanto c'è anche chi pensa al rischio sicurezza...

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