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E nelle chat la base M5s lo scarica: "È indifendibile"

I militanti citano Casaleggio: "Al minimo dubbio, nessun dubbio". Attesa per la linea di Travaglio

E nelle chat la base M5s lo scarica: "È indifendibile"

«Al minimo dubbio, nessun dubbio»: da domenica sera (dopo le rivelazioni del magistrato Nino Di Matteo a Non è l'Arena sulla trattativa con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per la scelta del capo del Dap) nelle chat dei parlamentari grillini rimbalza la citazione di Gianroberto Casaleggio. È il fucile nelle mani di chi nel Movimento spinge per il passo indietro del Guardasigilli. La tensione è alle stelle. Il caso Bonafede diventa l'occasione per regolare i conti tra le anime del Movimento. È una faida tra chi contesta la deriva e chi rimane fedele ai valori dell'origini. Scorrendo le agenzie non c'è traccia, fino alle 18 e 30 di ieri, delle dichiarazioni (in difesa del Guardasigilli) da parte di ministri e parlamentari dei Cinque stelle. Solo dopo la replica (balbettante) del ministro, c'è chi esce allo scoperto. Un vuoto di venti ore che certifica la spaccatura. Il Movimento si interroga (e litiga) sulla strada da imboccare: scaricare Bonafede o aprire il fuoco contro il magistrato simbolo dell'ala giustizialista dei Cinque stelle. I gruppi whatsapp dei grillini sono una polveriera. La discussione si infiamma subito. Quasi in tempo reale, con l'intervento in diretta di Bonafede al programma condotto da Massimo Giletti, si accende lo scontro. Nel privato delle chat c'è chi avanza la richiesta di dimissioni. «Bonafede è indifendibile», «onestà onestà solo slogan»: è' questo il tono dei messaggi che si scambiano deputati e senatori del M5s. Il silenzio stampa (anche del capo reggente del Movimento Vito Crimi) è lo specchio dell'imbarazzo. La tentazione di mollare il ministro, chiedendo un passo indietro, c'è. Ma i vertici (da Luigi Di Maio e Riccardo Fraccaro) frenano: «Bonafede è anche il capodelegazione dei Cinque stelle al governo. Se salta il ministro della Giustizia è a rischio la tenuta del governo Conte». Prevale, dunque, la linea del silenzio. Nessuna fuga. Niente attacchi dall'interno. Non manca chi sollecita un intervento di Alessandro Di Battista. Entra nella polemica l'ex senatore grillino Gianluigi Paragone per chiedere le dimissioni del ministro. Lo scontro Bonafede-Di Matteo manda in tilt lo staff comunicazione dei Cinque stelle. Nessuno è in grado di attivare (fino alle 18 e 30) la macchina della propaganda per alzare uno scudo in difesa di Bonafede. Per tutta la giornata i parlamentari incassano l'offensiva delle opposizioni. C'è chi chiede al ministro di assumere una posizione chiara. Di ricostruire con un post (che poi arriva) tutta la vicenda. Non manca chi invece suggerisce di aspettare l'editoriale del direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio per capire la strategia da seguire. È un susseguirsi di accuse, veleni e timori. Alla fine si opta per il salvataggio (della poltrona) di Bonafede. Il viceministro dell'Economia Laura Castelli tira un sospiro di sollievo e si lancia nella difesa: «Sulla linearità d'azione e correttezza, morale e professionale del nostro ministro nessun deve alimentare congetture». Anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà sceglie la difesa pubblica del ministro. I duri e puri battono in ritirata.

Ma lo scontro resta aperto.

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