E ora Confindustria si accorge del pericolo dei "delatori di Stato"

Roma - Anche Confindustria si accorge della potenziale nocività per le imprese della legge sul whistleblowing che tutela le segnalazione anonime per i reati di corruzione nella pa e anche per i reati e per gli illeciti di natura fiscale. Si tratta delle stesse circostanze che il Giornale aveva segnalato circa due anni e mezzo fa quando la legge era ancora in commissione Giustizia. In particolare, si legge in una nota informativa di Viale dell'Astronomia, «l'esigenza di tutelare la riservatezza dell'identità del segnalante dovrebbe essere contemperata con quella di salvaguardare il diritto di difesa del segnalato, nel caso in cui la segnalazione sia abusiva». La norma, infatti, «scuda» pienamente l'autore della denuncia mettendone al riparo l'identità. Tuttavia, non è improbabile che qualcuno possa utilizzare una segnalazione calunniosa come mezzo per ledere l'immagine di un'impresa o per procurarsi qualche altra utilità. Infatti, scrive Confindustria «nelle more della definizione del giudizio, la posizione del soggetto segnalato rischia di essere compromessa, quanto meno sul piano reputazionale». La disciplina, inoltre, prevede anche canali per effettuare segnalazioni in forma anonima «anche se questa strada potrebbe alimentare denunce infondate o strumentali». Come aveva commentato il fiscalista Paolo Duranti dello studio Mazzocchi & Associati di Milano sul Giornale «il consulente può andare in azienda la mattina, denunciare anonimamente all'Agenzia delle Entrate il pomeriggio e tornare in azienda il giorno seguente». In un Paese come l'Italia, consumato dall'invidia sociale, a insinuare un sospetto ci vuol poco.

Le aziende, conclude Confindustria, dovranno sostenere un altro onere: dimostrare che eventuali provvedimenti disciplinari o misure organizzative sul segnalante «anonimo» non hanno natura ritorsiva. Si tratta di un'inversione dell'onere della prova che mette ulteriormente in difficoltà gli imprenditori.