Gli euroburocrati vogliono finanziarsi con i nostri soldi

A Bruxelles si lavora alla costruzione di un Super-Stato che dovrà vivere di risorse che otterrà direttamente dai cittadini europei

Gli euroburocrati vogliono finanziarsi con i nostri soldi

Può sembrare una piccola cosa questa tensione tra Roma e Bruxelles su Tasi e Imu: quasi una scaramuccia di fine estate in cui uno dei due attori, per giunta, ha deciso di restare nell'ombra. E invece non è così.

Il governo Renzi vorrebbe eliminare alcune imposte sugli immobili (oggi gravati da una marea di tributi), ma non meglio precisati ambienti dell'Unione hanno inviato segnali assai negativi. Secondo la Commissione, per favorire la crescita sarebbe meglio ridurre il prelievo sul mondo produttivo: una tesi che sembra scordare che pure imprenditori e lavoratori sono mossi quasi sempre dall'ambizione di dotarsi di un capitale nel settore immobiliare.

A Bruxelles, come in larga parte degli ambienti di sinistra, si tende invece a contrapporre il lavoro e la rendita, senza avvedersi che l'artigiano, l'impiegato e il commerciante investono abitualmente nel mattone. È davvero ingiustificata tanta ostilità verso la proprietà, verso il risparmio e verso il reddito derivante dal possesso di un bene. È anche difficile dire se sia più giusto ridurre le imposte su chi lavora oggi oppure su chi con i risparmi si è comprato una casa. Un Paese che colpisce la ricchezza acquisita nel tempo peggiora la qualità della vita ed è ben poco attrattivo. E dove la tassazione sugli immobili rimane elevata, per una giovane coppia è difficile trovare casa e fare figli.

Quando Bruxelles pretende di dire al governo italiano quali scelte esso deve compiere in ambito fiscale, in gioco c'è il destino stesso della struttura del nostro continente, che l'eurocrazia vuole sempre più uniforme, pianificato e, naturalmente, tassato dal centro. Per quale ragione?

Una risposta si trova in una formula che si deve a un celebre giudice della Corte Suprema Usa, John Marshall: «Il potere di tassare comporta il potere di distruggere». Al giorno d'oggi, d'altra parte, il potere politico si esprime primariamente nella sua capacità di estrarre risorse. «Chi tassa comanda», ed è per questo che il confitto tra Italia ed Europa in materia di imposte è cruciale: specialmente se si considera che tanto più la facoltà di tassare è esercitata da lontano, quanto più la tassazione è destinata a crescere.

Mentre il formidabile successo della Svizzera poggia sul fatto che si tratta di un piccolo Paese diviso in quasi trenta cantoni largamente indipendenti, gli eurocrati mirano a costruire un'unica sovranità continentale sempre più ampia: l'esatta antitesi della Svizzera, destinata solo a moltiplicare quei problemi e quelle difficoltà che già oggi caratterizzano gli Stati nazionali a struttura centrale.

Al di là degli argomenti tecnici più o meno fumosi (tassare le cose e non le persone), l'Europa - come spesso succede nei processi di unificazione - è dominata da un vergognoso complesso di superiorità.

Non deve quindi sorprendere l'ambizione dell'Unione di controllare la fiscalità: passando sempre meno dalla mediazione di Italia, Francia o Regno Unito per finanziare le proprie spese. A Bruxelles si lavora alla costruzione di un Super-Stato che dovrà vivere di risorse che otterrà direttamente dai cittadini europei.

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