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Ecco l'ultima dei magistrati: "Il telefonino causa tumori"

Il tribunale di Ivrea risarcisce un dipendente che si ammalò per aver usato il cellulare in modo scorretto

Ecco l'ultima dei magistrati: "Il telefonino causa tumori"

Sentenza storica, al tribunale di Ivrea, in provincia di Torino: per la prima volta è stato riconosciuto un nesso tra l'uso scorretto del cellulare e lo sviluppo di un tumore al cervello. Così l'Inail è stato condannato a corrispondere una rendita vitalizia da malattia professionale a un dipendente di Telecom, Roberto Romeo, 57 anni, al quale è stato diagnosticato un tumore, dopo che per 15 anni ha usato il cellulare per più di tre ore al giorno senza protezioni. A renderlo noto gli avvocati torinesi Renato Ambrosio e Stefano Bertone, la sentenza è del 30 marzo scorso. Il giudice del lavoro del Tribunale di Ivrea, Luca Fadda, ha riconosciuto che il tumore, benigno ma invalidante, contratto dall'uomo è stato causato dall'uso scorretto del cellulare. L'Italia, a differenza di tanti altri Paesi in Europa e nel mondo, non prende misure per contenere la nocività dei telefonini cellulari perché si continua «a sostenere l'innocuità delle radiazioni». É questo quanto denunciato dal professor Angelo Levis nella consulenza prestata in tribunale, durante la causa promossa dal lavoratore. L'esperto ha anche riportato un elenco - aggiornato fino all'aprile del 2013 - diffuso dall'associazione «Safer phone zone», dove si trovano gli Usa - con San Francisco che è stata la prima città, nel 2011, ad approvare una legislazione cautelativa - e poi Canada, Australia, Israele, Francia, Russia, Belgio, Irlanda, Finlandia, Regno Unito, India, dove addirittura è vietato l'uso dei cellulari sotto i 16 anni e la vendita a bambini e donne incinte e poi ancora Svizzera, Corea, Giappone. «In questo lungo elenco - scrive Levis - manca qualsiasi cenno all'Italia, il che non deve stupire visto che i nostri oncologi, i farmacologi ma soprattutto i funzionari dell'Iss e persino gli ex ministri della Salute continuano a sostenere l'innocuità delle radiazioni emesse dai cellulari, sul cui uso cautelativo nessun provvedimento è stato finora adottato e tanto meno pubblicizzato, neppure per bambini e adolescenti».

Soddisfatto Romeo: «Per 15 anni ho fatto innumerevoli telefonate anche di venti e trenta minuti, a casa, in macchina - ha dichiarato -. Ero obbligato a utilizzare sempre il cellulare per parlare con i collaboratori e per organizzare il lavoro. Poi ho iniziato ad avere la continua sensazione di orecchie tappate, di disturbi all'udito. E nel 2010 mi è stato diagnosticato il tumore. Ora non sento più nulla dall'orecchio destro perché mi è stato asportato il nervo acustico. Non voglio demonizzare l'uso del cellulare, ma è necessario usarlo in maniera corretta e consapevole». «Speriamo che la sentenza del tribunale di Ivrea, spinga ad una campagna di sensibilizzazione, che in Italia non c'è ancora - ha auspicato l'avvocato Stefano Bertone -. Come studio abbiamo aperto il sito www.neurinomi.info, dove gli utenti possono trovare anche consigli sull'utilizzo corretto del telefonino». L'effetto cancerogeno delle onde elettromagnetiche del telefonino era già stato riconosciuto nel 2011 dalla Iarc che aveva inserito questo dispositivo nella categoria 2b. «Il fatto che nel 2017 i tribunali italiani riconoscano già in primo grado la causa oncogena dei campi elettromagnetici generati dal cellulare è il segno del continuo avanzamento delle conoscenze scientifiche -, conclude l'avvocato Bertone -.

Il nostro cliente spera che la sua causa serva e sia di aiuto ad altri».

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